Bulimia, un gene indica se cura funziona
Sara un gene, nel prossimo futuro, ad indicare al medico quale sia la terapia farmacologica sicuramente efficace per una paziente affetta da bulimia. E il cosiddetto gene trasportatore della seroton
Sara' un gene, nel prossimo futuro, ad indicare al medico quale sia la terapia farmacologica sicuramente efficace per una paziente affetta da bulimia. E' il cosiddetto gene trasportatore della serotonina: a seconda che si presenti nella variante lunga o corta, infatti, determina la minore o maggiore efficacia delle cure. A dimostrarlo sono i primi risultati di uno studio italiano presentato oggi in occasione del Congresso della Societa' mondiale di psichiatria. Lo studio, condotto su un campione di 50 donne, e' coordinato dallo psichiatra Palmiero Monteleone, del I Policlinico di Napoli e responsabile del Centro regionale Campania per i disturbi alimentari. La nuova frontiera oggi, ha affermato lo psichiatra, e' appunto quella della farmacogenetica: ''Siamo cioe' alla ricerca di predittori, ovvero di variabili - ha spiegato - che possano aiutarci a individuare a quali trattamenti la paziente bulimica rispondera' con successo. Nel settore dei disturbi alimentari, pero' - ha aggiunto - sono poche le indicazioni che possono guidare il medico nella scelta terapeutica''.
Una nuova grande speranza arriva dunque dalla farmacogenetica, poiche' ''si e' dimostrato - ha affermato l'esperto - che l'assetto genetico condiziona la risposta del singolo paziente ai farmaci''. Oggi, ha precisato, circa il 40% dei pazienti bulimici non risponde ai trattamenti standard, ma ''questo studio apre una nuova strada'': ''Si e' infatti osservato che le pazienti che presentavano tale gene nella variante corta, avevano una risposta decisamente peggiore ai farmaci comunemente utilizzati, ed il rischio che la cura si rivelasse inefficace era per loro 20 volte superiore''. Si tratta di una 'prima conferma - ha detto l'esperto - ma estremamente importante, poiche' indica in questo gene una variabile che potra' predire la risposta ai farmaci per i disturbi alimentari''. Un nuovo scenario che permettera' in futuro di risparmiare anche tempo e tagliare i costi: ''Oggi, infatti, prima di sei settimane e' impossibile verificare se il farmaco funziona; Grazie a questo gene, invece, potremo predire la validita' della cura, dando ad ogni paziente la terapia che sicuramente sapremo efficace per lui''. Un ''grande passo avanti'', ha sottolineato Monteleone, precisando che a breve lo studio sara' allargato ad un campione piu' ampio. La bulimia, ha inoltre sottolienato lo psichiatra, e' in ''allarmante crescita'': colpisce infatti il 2% della popolazione, cinque volte di piu' rispetto all'anoressia (che interessa lo 0,5% della popolazione). Ad essere colpite sono soprattutto le ragazze (9 a 1 rispetto ai maschi) intorno ai 18 anni. La bulimia pero', e' l'allarme dell'esperto, ''e' molto difficile da diagnosticare e in molti casi i pazienti rifiutano di curarsi, tanto che - ha concluso - su 1.500 diagnosi di bulimia solo 170 pazienti arrivano alla cura psichiatrica''.
Fonte: (11/11/2004)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag:
bulimia,
serotonina,
alimentazione,
psichiatria
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