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A 10 anni dalla prima clonazione non si sono fatti grandi progressi

Pecora Dolly


La tecnica non è ancora perfetta e non si conoscono ancora tutti i geni e i meccanismi coinvolti nel processo di clonazione

Sono passati 10 anni dalla notizia, apparsa su Nature, del primo animale clonato. Si trattava di una pecora, la famosa Dolly che destò molto scalpore sia nella comunità scientifica sia nella società. La notizia destò molti dibattiti etici e morali ma provocò anche una reazione ottimistica all'interno della comunità scientifica. Da allora sono stati clonati, in ogni parte del mondo, molto altri animali tra cui topi, asini, maiali, cavalli, mucche capre, lupi, cani e gatti. Si parla di 16 diverse specie di mammiferi clonati. Tuttavia non sono stati fatti da allora grandissimi progressi. Ora su Science, il professor Jose Cibelli, scienziato del Dipartimento di riprogrammazione cellulare dell'Università del Michigan e uno tra i maggiori esperti in fatto di clonazione ha espresso su questo una sorta di autocritica: "Dieci anni non sono un tempo sufficiente, la lunga lista delle domande che non hanno ancora avuto una risposta ci fa capire come la nostra comprensione della clonazione si trovi ancora ad un livello di base".
Dolly fece superare il dogma della biologia secondo cui una cellula non poteva ripercorrere a ritroso il suo processo di sviluppo. Secondo Cibelli, la clonazione di Dolly fu "una conquista importante perché dimostrava la possibilità e l'efficacia del trasferimento nucleare, ossia della tecnica che consiste nell'introdurre il nucleo di una cellula adulta e differenziata all'interno di un ovocita privato del suo nucleo". Il materiale genetico contenuto nel nucleo della cellula adulta, una volta innestato nell'ovocita, è indotto a ripercorrere a ritroso la propria evoluzione fino a diventare una cellula indifferenziata del tutto simile ad una qualsiasi cellula embrionale. Tuttavia questa tecnica è lungi dall'essere perfetta e vi sono ancora molti punti oscuri come per esempio, non si conoscono ancora i fattori che influenzano la riprogrammazione cellulare.
"Per tutte le specie clonate con la tecnica del trasferimento nucleare - spiega Cibelli - meno del 10% degli embrioni trasferiti in utero riesce a completare lo sviluppo fino ad un individuo sano". Non si conoscono ancora i motivi di questo. Sono stati ottenuti alcuni cloni normali, nonostante la gran parte dei cloni muoiono nell'utero e alcuni riescono a nascere ma con delle malformazioni. Secondo l'esperto, i risultati positivi ottenuti sono stati in parte casuali e proprio per questo le tecniche di clonazione sono ancora ad uno stadio poco avanzato. Conclude Jose Cibelli: "Abbiamo bisogno di raggiungere un approccio più razionale in esperimenti che riescano ad ottenere una maggiore efficienza nel trasferimento nucleare di cellule somatiche, paragonabile a quello che si è raggiunto nel campo della fecondazione artificiale". E' necessario quindi che si riescano a scoprire gli strumenti più adatti per condurre una tecnica già potenzialmente molto potente anche per riuscire, in futuro, a sviluppare terapie e per fare questo è necessario scoprire quali geni e quali meccanismi sono coinvolti nel processo di clonazione.


Redazione MolecularLab.it (21/05/2007)
Pubblicato in Biotecnologie
Tag: clonazione, Dolly
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