Rientrano due cervelli emigrati all'estero
Con un finanziamento di 2 milioni di dollari della Armenise-Harvard Foundation tornano in Italia Andrea Lunardi e Graziano Martello
Perché tornare? Perché tornare proprio adesso nel bel mezzo della crisi? I nostri ricercatori si sentono fare spesso questa domanda e forse all'inizio se la sono posta anche loro. Prendere la decisione di tornare in Italia per intraprendere una carriera scientifica richiede alcune caratteristiche ammirevoli: intenzione a stabilirsi nel miglior istituto di ricerca, attaccamento al paese di origine e, inoltre, un po' di coraggio, come ce n'è voluto per partire anni prima. Fortunatamente per la comunità scientifica italiana, sono molti questi giovani coraggiosi e ogni anno il programma Armenise-Harvard Career Development Award attira alcuni dei migliori e promettenti ricercatori, italiani e internazionali. Adesso è il turno di Andrea Lunardi e Graziano Martello. La collaborazione tra la Fondazione Armenise-Harvard e prestigiose Università italiane, come quella di Trento e di Padova, continua quindi a dare i suoi frutti e sono già diciannove i giovani ricercatori, italiani e stranieri, che hanno deciso di scommettere sul loro futuro, lasciando brillanti posizioni all'estero per aprire i propri laboratori in Italia grazie al programma Armenise-Harvard Career Developement Award.
Andrea Lunardi, proviene dal Cancer Research Institute, diretto dal prof. Pier Paolo Pandolfi, del Beth Israel Deaconess Medical Center e Harvard Medical School di Boston. A settembre dirigerà il suo gruppo al Centre for Integrative Biology (CIBIO) dell' Università' di Trento, diretto dal Prof. Alessandro Quattrone. Le sue ricerche sono incentrate sulla comprensione sia dei meccanismi responsabili della transizione da indolente a metastatico del tumore alla prostata, sia di quelli responsabili dello sviluppo di resistenza a differenti tipi di terapia. Il progetto, finanziato dal programma Armenise- Harvard Career Development Award, in particolare sarà incentrato sull'utilizzo di modelli murini geneticamente ingegnerizzati per il tumore alla prostata umano per cercare di identificare e caratterizzare funzionalmente distinte classi di molecole secrete (proteine, acidi nucleici, metaboliti) dalle cellule tumorali o dalla componente stromale circostante, possibilmente coinvolte nell'acquisizione di capacità invasive/metastatiche del tumore primario o nella risposta a specifici regimi terapeutici.
Il fine ultimo di tale ricerca sarà duplice, da un lato l'identificazione di nuovi e più affidabili bio- markers possibilmente circolanti in sangue, urine, o sperma, in grado di discriminare i tumori indolenti da quelli aggressivi, dall'altro la caratterizzazione di nuovi possibili targets terapeutici, la modulazione dei quali possa limitare il potenziale metastatico tumorale e/o la capacità di sviluppare resistenza a specifici trattamenti. Grazie a molteplici anni di esperienza acquisita lavorando su differenti progetti mirati a caratterizzare meccanismi genetici e molecolari responsabili del tumore alla prostata, Andrea Lunardi, Instructor nel Departimento di Medicina, Divisione di Genetica del BIDMC (Beth Israel Deaconess Medical Center) dal 2012, ha sviluppato e condotto l'innovativo "Co-Clinical Trial Project" ideato dal prof. Pandolfi. Basato sull'utilizzo di una estesa serie di differenti modelli murini geneticamente modificati in modo da ricapitolare le classiche alterazioni genetiche riscontrate nei pazienti con tumore alla prostata, il "Co-Clinical Trial Project" si prefigge l'obiettivo di stratificare velocemente su base genetica e molecolare i pazienti arruolati in specifici regimi terapeutici in responsivi e resistenti grazie alle informazioni acquisite dal medesimo approccio terapeutico applicato in parallelo sui modelli murini, nei quali insorgenza tumorale, progressione, e infine risposta alla terapia può richiedere non più di qualche mese. I primi incoraggianti risultati sono stati pubblicati la scorsa estate sulla prestigiosa rivista Nature Genetics, discussi in una serie di "Commentary" su svariate altre riviste scientifiche di altissimo profilo quali Nature Review Oncology, Nature Review Urology, Cancer Cell, Science Translational Medicine, così come in un lungo e dettagliato articolo di Gina Kolata sul New York Times.
Graziano Martello, dal Medical Research Council Centre for Stem Cell Research, Università di Cambridge, UK, sta allestendo il suo laboratorio all'Università di Padova, Dipartimento di Biologia Molecolare, diretto dal prof. Giorgio Palù, per avviare un progetto sulle cellule staminali pluripotenti. Le cellule staminali sono cellule immature, o indifferenziate, e sono in grado di dare origine a cellule più specializzate presenti nell'organismo. La maggior parte dei nostri organi contiene cellule staminali ed esse hanno la funzione di mantenere o riparare l'organo a cui appartengono. Questo tipo di cellule chiamate cellule staminali adulte sono caratterizzate dal fatto di avere un potenziale ristretto: cellule staminali del sangue possono formare solo cellule specializzate del sangue e non del cervello. Vi è un secondo tipo di cellule staminali, chiamato cellule staminali pluripotenti, che invece hanno un potenziale differenziativo illimitato: queste cellule possono dare origine a qualunque tipo cellulare presente nell'organismo e perciò rappresentano uno strumento terapeutico formidabile e allo stesso tempo un fenomeno biologico estremamente affascinante. Le cellule staminali pluripotenti sono state inizialmente ottenute dal topo, ma attualmente è possibile ottenerne anche dall'uomo senza l'impiego di embrioni o animali adulti. La nostra conoscenza delle cellule pluripotenti umane è però ridotta, si conoscono solo pochi geni e segnali importanti per controllare il loro comportamento e questo costituisce un limite al loro L'obiettivo della ricerca di Graziano Martello è di comprendere quali siano i meccanismi molecolari chiave per il controllo dell'identità delle cellule pluripotenti umane, avvalendosi di approcci biochimici e computazionali. Le possibilita' terapeutiche delle cellule staminali pluripotenti sono svariate, dalla ricostruzione di tessuti come la pelle o il sangue, ma l'interesse particolare di Martello è sulla neurodegenerazione.
Redazione (16/04/2014)
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