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Scacco matto all’emofilia e al deficit di “Fattore VII”

Sangue


Malattie congenite della coagulazione: l'ICGEB di Trieste apre la strada a terapie geniche innovative

La lotta alle malattie congenite della coagulazione, come l’emofilia o la deficienza di “Fattore VII”, sta compiendo promettenti passi avanti. E’ quanto emerge dalle ricerche di Franco Pagani del Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di Trieste, svolte in collaborazione con Francesco Bernardi e Mirko Pinotti del Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare dell’Università di Ferrara, i cui risultati sono appena stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Blood. Gli studi condotti dal gruppo di Pagani e Pinotti propongono infatti un nuovo approccio terapeutico a difetti gravi della coagulazione che possono provocare nei pazienti emorragie talvolta fatali. Si tratta di malattie congenite dovute alla carenza di uno o più “fattori della coagulazione”, proteine circolanti nel sangue che agiscono in sequenza, una dietro l’altra, per creare un coagulo in grado di bloccare l’emorragia nel caso di ferite o lesioni profonde di vasi arteriosi e venosi.
Le terapie convenzionali nella maggior parte dei pazienti sono spesso associate a gravi complicanze, di qui la necessità di trovare modalità terapeutiche alternative.
«Il nostro gruppo – spiega Pagani - ha esaminato in particolar modo la deficienza di “Fattore VII”, una malattia genetica più rara dell’emofilia, che può colpire in ugual misura sia uomini che donne e provocare ecchimosi, epistassi, sanguinamento gengivale, menorragie, fino all’emorragia gastrointestinale e cerebrale.
Le nostre ricerche si sono concentrate soprattutto su una forma diffusa in Italia centrale che causa una deficienza grave».
Il “Fattore VII” è una proteina prodotta dal fegato che svolge un ruolo essenziale nell’innesco del processo di coagulazione del sangue e la sua assenza non è compatibile con la vita. La deficienza di “Fattore VII” è causata da mutazioni nei siti genici del DNA deputati a guidarne una corretta sintesi proteica. Durante tale processo infatti, a causa delle mutazioni geniche, viene prodotto un precursore della “Fattore VII” (il “FVII-mRNA”) che presenta una struttura molecolare modificata e, pertanto, non in grado di innescare la sintesi della proteina stessa. Il blocco del normale processo di biosintesi di tale proteina ne comporta bassissimi livelli nel circolo sanguigno e, conseguentemente, l’insorgenza della sintomatologia tipica di questa malattia.
«Noi siamo andati a intervenire proprio nel meccanismo di produzione del precursore del “Fattore VII” – continua Pagani - ricreando in vitro un modello cellulare che riproducesse a livello molecolare il difetto genico. Siamo poi riusciti a introdurre un gene opportunamente modificato, il “U1-snRNA”, che andasse a sostituirsi ai siti genici mutati e permettesse la produzione di precursori sani e, quindi, la sintesi corretta del “Fattore VII”. Il nostro obiettivo è infatti quello di ripristinare almeno parzialmente il livello ematico di “Fattore VII”, perchè nei pazienti colpiti da questa malattia sono sufficienti anche livelli minimi di questa proteina per prevenire i fenomeni di sanguinamento».
I risultati finora raggiunti sono decisamente positivi e molto promettenti, tanto che i ricercatori stanno iniziando a sperimentare tale terapia genica nel modello animale, sperando di poterla provare entro qualche anno direttamente anche sui pazienti.
La terapia proposta dal gruppo di Pagani e Pinotti presenta notevoli vantaggi rispetto alle terapie geniche correnti, poichè garantisce una corretta biosintesi di “Fattore VII” esclusivamente nel fegato, l’organo naturalmente deputato a farlo, prevenendo così potenziali complicazioni immunologiche.
Questi studi, inoltre, trovano applicazioni anche per altri difetti ereditari dei fattori della coagulazione, tanto che lo stesso gruppo di ricercatori li sta sperimentando per l’“emofilia B”. Tali ricerche dunque pongono le basi per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche e suggeriscono nuovi approcci per il trattamento anche di altre patologie genetiche rare.


Redazione MolecularLab.it (29/02/2008)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: U1-snRNA,, ICGEB, emofilia, fattore VII, sangue
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