Riconoscere il corpo e quello che fa
Pubblicata su Neuron la ricerca dell'Università di Verona
Come facciamo a riconoscere le caratteristiche del corpo di un nostro simile? Come possiamo differenziare una persona da un'altra? Da qualche tempo le neuroscienze si stanno occupando di questa interessante questione, non solo come argomento della ricerca di base, ma per le possibili ricadute pratiche nell'ambito della rieducazione di pazienti colpiti da lesioni cerebrali e nell’analisi dei disturbi riguardanti il corpo in pazienti con patologie psichiatriche.
Una nuova ricerca tutta italiana, pubblicata ora su Neuron, una delle più prestigiose riviste internazionali del settore, rivela risultati molto importanti nell'ambito della comunicazione, della comprensione delle intenzioni altrui e, più in generale, del comportamento sociale e dell'imitazione.
La ricerca ha coinvolto il dipartimento di Psicologia e Antropologia Culturale dell'Università di Verona diretto dalla professoressa Roberta Facchinetti, l’IRCCS "E. Medea", Polo Friuli Venezia Giulia, l’IRCCS Fondazione Santa Lucia e la Sapienza, Università di Roma e l'Ospedale Sacro Cuore di Negrar (VR) e si è avvalso dei finanziamenti del Ministero dell’Università e Ricerca e del Ministero della Sanità.
Il quesito di fondo riguarda l’esistenza di strutture e reti nervose dedicate alla percezione visiva del corpo umano. Questa specificità è già nota per il riconoscimento della faccia, che può essere compromesso da lesioni in aree del cervello preposte alla percezione del viso, un disturbo neurologico conosciuto come prosopoagnosia.
Il lavoro ha messo in luce l'esistenza di disturbi anche nel riconoscimento delle caratteristiche morfologiche del corpo umano. Quando, infatti, un paziente adulto viene colpito da un'ischemia o un'emorragia cerebrale in specifiche aree collocate nelle porzioni posteriori del cervello, mostra delle difficoltà nel riconoscere la forma del corpo o delle sue parti. Viceversa, quando la lesione colpisce le aree più anteriori, nei lobi frontali, i soggetti riescono a riconoscere la forma del corpo, ma non sono più capaci di distinguere con precisione immagini di azioni.
Le ricadute cliniche e riabilitative di questa scoperta sono potenzialmente importanti. Il recupero delle capacità motorie dopo danno cerebrale è infatti fortemente condizionato dalle componenti percettive. D'altra parte, molte tecniche riabilitative si fondano sulla dimostrazione visiva dei movimenti da effettuare e sull'apprendimento imitativo.
Il riscontro dell'esistenza di pazienti con difficoltà nel riconoscimento delle parti del corpo e di pazienti con difficoltà nel riconoscimento dell’azione impone di individuare strategie di intervento differenziate per i singoli pazienti, in base alla sede della loro lesione. In particolare, per i malati colpiti da ictus cerebrale nelle aree anteriori del cervello è necessario ipotizzare tecniche riabilitative che sostituiscano la dimostrazione visiva con altre modalità, per esempio basate sulla contemporanea esecuzione dell'azione.
In un primo esperimento, i ricercatori hanno confrontato tre gruppi di 14 soggetti ciascuno: un gruppo di pazienti con lesioni nelle aree posteriori, un gruppo di soggetti con danno nelle aree frontali e un gruppo di persone senza malattie neurologiche. I pazienti sono stati studiati all'Ospedale Sacro Cuore di Negrar (VR) e all'IRCCS Santa Lucia di Roma. Essi erano invitati a guardare uno schermo di computer dove compariva uno stimolo raffigurante una parte del corpo (per esempio le gambe, una mano o un braccio), seguito immediatamente da altri due stimoli, uno dei quali identico al primo. I soggetti dovevano individuare lo stimolo identico. I pazienti con danno cerebrale nelle aree temporo-occipitali diventano incapaci di riconoscere le parti del corpo in base alle differenze di forma, mentre non hanno difficoltà nel riconoscere parti di oggetti non corporei, come per esempio una moto. Viceversa, i pazienti con lesione nella parte anteriore del cervello, così come i controlli sani, non hanno alcuna difficoltà a completare il compito. A questo punto, gli studiosi hanno voluto verificare anche la possibilità che danni cerebrali possano invece compromettere la capacità di riconoscere un'azione svolta. Gli stessi tre gruppi di soggetti sono stati quindi sottoposti ad un altro esperimento del tutto identico al precedente, ma nel quale le immagini differivano non per la morfologia del corpo ma per l'azione svolta dalla parte corporea, per esempio lo stesso piede che poggia il tallone o la punta. Si è visto questa volta che sono i pazienti con lesione anteriore che diventano incapaci di riconoscere le diverse azioni, mentre i pazienti con lesione posteriore, così come i soggetti sani, lo fanno senza difficoltà.
La ricerca ha quindi portato ad individuare due forme di patologia precedentemente sconosciute, identificabili appunto come agnosia (cioè mancato riconoscimento) per il corpo e agnosia per l'azione. Precedenti studi di Risonanza Magnetica Funzionale avevano mostrato, che alcune aree della corteccia temporo-occipitale e temporale si attivano quando il soggetto vede l'immagine di una parte del corpo e che altri circuiti, in particolare il sistema dei ‘neuroni specchio’ (scoperto dal gruppo dell'Università di Parma diretto da Giacomo Rizzolatti) è cruciale per il riconoscimento e la comprensione delle azioni. Le tecniche di neuroimmagine, tuttavia, pur fornendo fondamentali indicazioni sul coinvolgimento di determinati circuiti nervosi nell'esecuzione di un compito, non ci dicono quanto quelle reti nervose siano essenziali. Il riscontro finale deve quindi venire dalla ricerca sui pazienti, che permette di capire cosa effettivamente succede quando i circuiti nervosi studiati vengono lesionati.
Oltre alle dirette ricadute cliniche per i pazienti, i dati di questa ricerca risultano quindi estremamente importanti nell'ambito degli studi sulle basi biologiche del riconoscimento del corpo e delle azioni degli altri, con evidenti ricadute nella conoscenza dei meccanismi della comunicazione, della comprensione delle intenzioni altrui e, più in generale, del comportamento sociale e dell'imitazione. Lo studio è inoltre potenzialmente molto importante per la comprensione dei meccanismi alla base dei disturbi della rappresentazione del corpo nella patologia psichiatrica (ad esempio l’anoressia).
La ricerca coordinata da Salvatore Maria Aglioti si è svolta grazie al supporto dei laboratori del Centro Ricerche di Neuropsicologia della Fondazione Santa Lucia e dei Dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma La Sapienza e di Psicologia e Antropologia Culturale dell'Università di Verona. Lo studio è stato realizzato da Valentina Moro del dipartimento di Psicologia e Antropologia Culturale dell'Università di Verona, Cosimo Urgesi dell’ Irccs "Medea", Polo Friuli Venezia Giulia, Salvatore Maria Aglioti dell’Irccs Fondazione Santa Lucia e la Sapienza, Università di Roma. Hanno collaborato Simone Pernigo (Università di Verona), Paola Lanteri (Ospedale Sacro Cuore di Negrar -VR) e Mariella Pazzaglia (Irccs Santa Lucia, Roma).
Redazione (23/10/2008)
Pubblicato in Medicina e Salute
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neuro
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