Nobel per la Medicina a Robert Edwards, padre della fecondazione assistita
Nel 1968 creò la tecnica Fivet permettendo di risolvere problemi di fertilità mentre in Italia ancora resistenze e difficoltà
A 32 anni dalla nascita della prima bambina in provetta, le ricerche sulla fecondazione artificiale sono state premiate oggi con il Nobel per la Medicina. Unico vincitore è il biologo ed embriologo britannico Robert Edwards, 85 anni e oggi professore emerito dell'università di Cambridge, che nel 1978 ha fatto nascere Louise Brown, la prima figlia della provetta. Un risultato che probabilmente non avrebbe potuto raggiungere senza la collaborazione del ginecologo Patrick Streptoe, morto nel 1988. Forse il Nobel, oggi, lo avrebbe vinto anche lui, ma il più prestigioso dei riconoscimenti scientifici non viene assegnato postumo. La vera vincitrice è comunque la fecondazione in vitro (Fiv), la tecnica grazie alla quale dal 1978 ad oggi sono nati circa 4 milioni di bambini e che ha rappresentato una via per trattare la sterilità, ossia una condizione che secondo le stime più recenti colpisce una coppia su 10 in tutto il mondo. L'idea della tecnica è venuta ad Edwards molto presto, subito dopo gli studi di biologia, negli Stati Uniti, e il dottorato in embriologia, in Scozia. Fin dagli anni '50 ha considerato la fecondazione artificiale una strada possibile per combattere la sterilità e da allora ha dedicato tutta la sua carriera scientifica e medica al raggiungimento di questo obiettivo. Dopo i primi successi che hanno portato alla fecondazione degli ovociti umani in provetta, il 25 luglio 1978 la nascita di Louise Brown ha segnato il coronamento della carriera di Edwards. La fecondazione artificiale ha continuato ad essere l'obiettivo principale delle ricerche di Edwards, che ha continuato a lavorare per perfezionare la tecnica e, molto spesso, a difenderla dalle numerose polemiche che ha spesso sollevato.
"Quella di quest'anno è una scelta giusta e sacrosanta. Un riconoscimento mondiale per uno scienziato vero, che fin dal primo incontro mi colpì per la sua generosità intellettuale e l'apertura mentale". E' un plauso incondizionato quello di Carlo Flamigni, noto ginecologo, autore di numerose pubblicazioni su sterilità e fecondazione assistita. "Lo conobbi in Inghilterra alla fine degli anni '60 - dice Flamigni all'Adnkronos Salute - Era il '68-'69 e andai a Cambridge insieme a un collega che si occupava di problemi di concepimento, che mi portò con lui forse perchè io avevo la macchina. Edwards - ricorda - fu molto aperto e generoso. E cosi' rimase nelle nostre successive frequentazioni, negli Stati Uniti, e poi ancora a Bologna, dove venne per alcuni congressi". "Con lui - prosegue - ho sempre avuto un rapporto piacevole, ma la cosa che ricordo con più forza è la sua generosità intellettuale e la sua apertura mentale, anche alle critiche.
Bisogna pensare poi che i suoi studi inizialmente non ricevettero i finanziamenti pubblici, e anche dopo la nascita della piccola Louise Brown Edwards dovette affrontare tempi difficili in patria, a causa anche di problemi con la Chiesa". Ma in ogni caso il suo lavoro fece scuola. "E oggi arriva il pieno riconoscimento, una decisione saggia", conclude.
E' la vittoria della scienza sull'oscurantismo e sul moralismo: ora si riveda la legge in Italia. Lo sostiene in una nota il presidente della Consulta di Bioetica, Maurizio Mori, che saluta "con grande entusiasmo" il conferimento del premio Nobel per la Medicina a Robert Edwards, il 'padre' della fecondazione in vitro. "Questo prestigioso riconoscimento allo scienziato di Cambridge - aggiunge Mori - certifica non solo l'alto valore scientifico del suo lavoro, ma anche l'alto valore etico delle sue scoperte, che rendendo possibile il trattamento dei problemi della sterilità hanno ampliato la libertà di scelta delle persone in materia riproduttiva. Il valore simbolico del riconoscimento è ancora più grande se si pensa a quanto ancora oggi, soprattutto nel nostro Paese, sulle tecniche di fecondazione assistita pendano le condanne morali degli ambienti legati a visioni tradizionaliste della vita e della riproduzione. Oggi chi cerca attraverso la scienza di ampliare il benessere e la libertà delle persone è guardato da questi ambienti con sospetto anziché con gli onori che gli spettano". L'auspicio della Consulta di Bioetica, conclude Mori, "è che l'assegnazione di questo premio sia da stimolo a far progredire l'approccio etico alle questioni riproduttive anche nel nostro Paese. Occorre infatti rivedere in senso liberale la nostra legge in materia di fecondazione assistita, che è ancora vittima di quell'oscurantismo e di quel moralismo con cui troppo spesso si fanno passare in secondo piano i benefici che la scienza può portare all'umanità, quando è lasciata libera di progredire e quando il lavoro degli scienziati viene sostenuto e riconosciuto, come è stato nel caso di Edwards".
La Chiesa cattolica, pur riconoscendo l''importante scoperta scientificà del prof. Robert Edwards, ricorda 'che la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana. A esprimere questo giudizio sull'assegnazione del Premio Nobel per la Medicina al 'papà dei bambini in provetta, è mons. Roberto Colombo, docente della Cattolica di Milano e membro della Pontificia Accademia della Vita e del Comitato nazionale di bioetica. 'Non tutto ció che è scientificamente brillante, clinicamente possibile e giuridicamente consentito è, per ciò stesso, esente da questioni etiche, familiari e sociali', aggiunge il religioso, uno dei massimi esperti italiani in questioni bioetiche e direttore dell'Istituto per lo studio delle malattie ereditarie rare. 'Mentre molti, in queste ore -spiega - mettono in luce i successi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sviluppate a partire dal lavoro di Edwards, la loro diffusione in ogni parte del mondo, ed il gran numero di bambini nati attraverso di esse, senza nulla togliere al merito scientifico e clinico della scoperta premiata con il Nobel, non si puó tuttavia dimenticare il numero ancor più grande di vite umane individuali, allo stadio di sviluppo embrionale, che sono state interrotte dalle condizioni sperimentali della loro coltura in vitro, dalla selezione operata su di esse, e dal mancato impianto in utero'. 'Il primato della tutela e promozione della vita e della dignità della persona umana non sono commisurabili - è la conclusione di Colombo - con un progresso scientifico o tecnologico, anche di altissimo profilo.
Il conferimento del premio Nobel per la Medicina a Robert Edwards, padre della fecondazione in vitro dovrebbe far riflettere i moralisti e bigotti interpreti del bene e del male da imporre agli altri per legge. L'alto valore scientifico del suo lavoro che rende possibile il trattamento dei problemi della sterilità ha nei fatti ampliato la libertà di scelta delle persone in materia riproduttiva". Lo afferma la senatrice dei Radicali Donatella Poretti. "I sostenitori della legge 40 - prosegue -, la norma che invece pone una serie di ostacoli alla possibilità offerta dalla scienza e dalla medicina, dovrebbero iniziare a riflettere per superarla nell'ottica di avere una legge che regoli e non vieti, una legge che sia usata dai cittadini e non contro di loro nell'ottica di imporre visioni ideologiche".
Fonte: (04/10/2010)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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Edwards,
nobel,
fivet,
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