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Primo, liberare i ricercatori dai burocrati


L’ITALIA non è affatto priva di centri scientifici di eccellenza, anche se, nel suo complesso, la ricerca deve ancora arrancare in salita nel suo cammino verso lEuropa. I centri di eccellenza esisten

L’ITALIA non è affatto priva di centri scientifici di eccellenza, anche se, nel suo complesso, la ricerca deve ancora arrancare in salita nel suo cammino verso l'Europa. I centri di eccellenza esistenti comprendono grandi istituzioni, come i due politecnici del Nord, i centri di Trieste, l'Istituto nazionale di Fisica, alcuni Istituti oncologici di ricovero e cura a carattere scientifico, il San Raffaele, il Negri, l'Ifom di Milano e altri. Inoltre una buona produttività è riconoscibile, sempre di più, in numerosi laboratori e centri ritagliabili nel contesto di grandi università e strutture ospedaliere, di grossi enti pubblici come il Consiglio Superiore di Sanità e il Consiglio Nazionale delle ricerche. Numerose di queste strutture traggono risorse anche da importanti fondazioni private "non profit", sorte con l'unico scopo di raccogliere fondi da destinare alla promozione della ricerca, adottando, a questo fine, validi criteri di scelta dei ricercatori e di laboratori affidabili. Attualmente alcune di queste associazioni, come l'Associazione Italiana per la ricerca sul cancro (AIRC) e Telethon, assicurano un impatto rilevante alla ricerca italiana nel settore dell'oncologia e della genetica. L'adozione di criteri aperti, internazionalmente validati, nell’assegnazione e gestione degli interventi, conferisce a queste associazioni un ruolo ancora più importante costituendo esse un modello di efficienza e di corretta gestione che ormai neanche gli enti pubblici possono trascurare.
Occorre, inoltre, segnalare alcuni fatti nuovi che possono incidere positivamente sulle deficienze e contraddizioni ancora esistenti nel nostro paese aprendo strade nuove e nuovi modi di pensare. Si tratta di tre eventi: 1) il ruolo, sempre più incisivo nel supporto alla ricerca scientifica che stanno assumendo le fondazioni bancarie, particolarmente, in talune regioni; 2) le funzioni che, nella ricerca pubblica, sta per assumere l'Istituto Italiano di Tecnologia (ITT), che potrebbe diventare un modello fortemente innovatore nei confronti di enti statali che ancora assorbono la maggior parte delle risorse governative e tuttora incapaci di sciogliersi dai lacci di una gestione eccessivamente burocratica e talvolta ancora clientelare; 3) la possibilità di trarre vantaggi dalla consistenza maggiore e dagli obiettivi più allargati dei fondi assegnati dall’Unione Europea alla ricerca e all'innovazione. Valutate globalmente, tutte le nuove e meno nuove possibilità fin qui descritte, suggeriscono alcune riflessioni ed attenzioni che potrebbero essere utili, volendo sfruttare al meglio la situazione favorevole. Esse riguardano: - La necessità di assicurare un buon rendimento degli investimenti, scegliendo accuratamente sia i campi di intervento sia i ricercatori in grado di fornire un valido prodotto; purtroppo si assiste ancora alla programmazione in astratto di progetti, alla costituzione di comitati di gestione e coordinamento senza la certezza che vi siano i ricercatori idonei. - La necessità di assicurare un buon controllo dell'avanzamento dei prodotti della ricerca. Pensiamo alle ispezioni in sede, di rito altrove, quasi mai attuate da noi. Oppure alle riunioni con esperti che illustrano lo stato del progetto ("progress reports") e dove i responsabili sono tenuti a esporre i risultati già ottenuti. Infine occorre sistematicamente riferirsi ai fattori di impatto delle riviste che accettano di pubblicare i risultati definitivi. - Un altro punto importante riguarda l'allocazione dei fondi stanziati per la ricerca. Sarebbe meglio che essi andassero direttamente ai destinatari e responsabili della ricerca stessa, non alle istituzioni. E' la formula vincente americana degli ultimi 50 anni ed è la formula con cui sono cresciute l'AIRC e Telethon. In effetti, è l'unica via per rendere i ricercatori più responsabili e più autonomi, meno burocratizzati, e in grado di portare a termine il progetto da loro ideato e che è stato finanziato, anche se dovessero cambiare sede di lavoro. [TSCOPY](*)Università di Torino
Felice Gavosto (*)

Fonte: TuttoScienze (25/03/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: ricercator, burocra
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