Italia bocciata dall'Europa su ricerca e innovazione
L'indagine europea sull'innovazione, segnala i pochi investimenti in ricerca innovazione e scarsa collaborazione tra pubblico e privato
Presentato ieri a Bruxelles da Antonio Tajani e Maire Geoghegan-Quinn, lo IUS 2011 mostra un Italia con qualche luce e molte ombre. Lenta crescita anche per il resto d'Europa: solo Svizzera e nord Europa sono promossi a pieni voti. Secondo il relatore i problemi maggiori sono costituiti dai pochi investimenti e da una burocrazia eccessiva. I 27 paesi europei sono stati divisi in quattro gruppi: i "leader dell'innovazione", gli "inseguitori", gli "innovatori moderati" e quelli "modesti". La Svezia risulta essere la capofila, anche in questa classifica, seguita da Danimarca, Germania e Finlandia. L'Italia si è classificata solo sedicesima, nel gruppo degli innovatori moderati, insieme a Spagna e Grecia. Il rapporto IUS per calcolare il livello di innovazione ha utilizzato 8 indicatori compresi l'istruzione nazionale, la qualità del sistema di ricerca, il livello dei finanziamenti, la quantità di nuovi brevetti e i conseguenti effetti economici. I paesi al top della classifica hanno ottimi valori in tutti gli indicatori, piuttosto non in uno specifico.
Per quanto riguarda l'Italia ha un buon dato sul numero di persone tra i i 25-34 anni in possesso di un dottorato 1.6 dottori ogni mille persone, mentre la media europea è 1.5, dimostrando anche un trand in crescita del 10% negli ultimi 5 anni.
Risulta molto scarsa invece la capacità di attrarre studenti da aree extra europee: poco più del 5% dei dottorandi è extra europeo contro una media generale intorno al 20%. L'Italia però risulta essere in fondo alla classifica per numero di laureati: il 20% nella fascia 30-34 anni, il 34% degli europei ed in particolare più del 40% in Francia, Spagna e Inghilterra. 26 paesi europei sui 27 presi in esame vedono una maggioranza di donne con questo titolo di studio Anche la percentuali di ventenni con diploma di scuola secondaria è sotto al valore medio: il 76% in Italia contro il 79%. Per quanto riguarda la qualità del sistema di ricerca, l'Italia ha un numero di pubblicazioni scientifiche in collaborazione con altri paesi poco sopra alla media europea, meno presenti invece tra i lavori più citati al mondo. In particolare sono poco sviluppate le collaborazioni tra imprese ed istituzioni con 25 lavori scientifici ogni milione di abitanti contro i 40 in Europa. Confermato ancora una volta il basso numero di investimenti pubblici in ricerca e sviluppo: uno degli indicatori chiave per la competitività e la salute futura dell'intera Unione europea, indicato anche dal rapporto IUS 2011. La percentuale di investimenti pubblici si ferma infatti a quota 0.6% del PIL, uno dei più bassi in tutti i paesi europei, contro lo 0.75%. Bassi ed in calo anche quelli privati. L'Italia non si comporta bene nemmeno per quanto riguarda marchi registrati e brevetti, un comparto definito molto importante nel lungo periodo ed utile per contrastare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione. Il comportamento dei privati, in particolare le piccole e medie imprese, salavano un po' la situazione: il 35% delle PMI italiane a sviluppato internamente nuovi prodotti e tecnologie, pur avendo poca cooperazione con le altre aziende, rispetto ad una media europea del 30% e mostrando un tasso di crescita migliore.
Se ne deduce quindi un sistema poco capace di investire in ricerca e di collaborare, in particolare con partner internazionali.
Redazione (08/02/2012)
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Italia,
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