Nuove cure contro linfomi e leucemie linfatiche
I progressi nella terapia delle patologie linfoproliferative ed i risultati di una nuova tecnica di trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore familiare
Percentuali di guarigione sempre più elevate tra i malati di patologie linfoproliferative (linfomi e leucemia linfatica cronica), ricorrendo all'utilizzo di nuovi farmaci. Mentre, grazie al"trapianto aploidentico", che utilizza cellule staminali emopoietiche da donatore familiare si possono curare i casi più gravi di leucemie ed anche di linfomi aggressivi. Sono questi i progressi più significativi registrati negli ultimi mesi dalle Ematologie italiane, all'esame degli specialisti riuniti a Verona per il Congresso Sie (Società italiana di ematologia)..
Le malattie linfoproliferative, costituiscono un gruppo molto eterogeneo di patologie neoplastiche del sangue, che comprende almeno circa 30 diverse entità anatomo-cliniche.
Nel caso del linfoma di Hodgkin, si interviene con la polichemioterapia convenzionale, che, ad oggi, guarisce circa l'80-85% dei pazienti. "Questi pazienti si ammalano però in età molto giovane, spesso inferiore ai trent'anni, e la necessità nei casi più avanzati di utilizzare protocolli sequenziali di chemioterapia e radioterapia molto intesivi può avere un impatto rilevante sulla fertilità o può predisporre all'insorgenza di seconde neoplasie o danni di tipo cronico del sistema cardio-respiratorio", osserva il presidente di SIE, Fabrizio Pane, responsabile della divisione di Ematologia del dipartimento di Medicina clinica e chirurgica dell'università Federico II di Napoli. "Sono stati però presentati una serie di studi sull'impiego di una nuova molecola farmacologica appartenente alla classe degli anticorpi monoclonali che hanno mostrato risultati assolutamente soddisfacenti nella terapia dei casi più resistenti al trattamento convenzionale.
L'anticorpo monoclonale in questione, il Brentuximab Vedotin, contiene un chemioterapico che viene diretto solo alle cellule malate, risparmiando i tessuti normali, consentendo di "recuperare" alla risposta completa una percentuale molto ampia di soggetti resistenti alla prima linea di trattamento, senza ricorrere ad ulteriore polichemioterapia, risparmiando tossicità ed effetti collaterali di lungo termine per i pazienti", prosegue.
Tra i linfomi di tipo non-Hodgkin, ha dimostrato notevole efficacia un "vecchio" chemioterapico, utilizzato con modalità innovative, la bendamustina. "Si tratta di un farmaco introdotto nella terapia oncologica quasi 50 anni fa nella Germania dell'Est, e solo da poco sperimentato in modo moderno e sistematico nelle patologie neoplastiche del sistema linfatico", aggiunge ilvicepresidente di Sie, Giovanni Pizzolo, professore di Ematologia e direttore dell'Unità ematologica dell'Azienda ospedaliero universitaria integrata scaligera, con sede al policlinico "G. Rossi". La principale caratteristica di questo composto è di combinare notevole efficacia in tutte le patologie di tipo linfoproliferativo, con una tollerabilità molto elevata anche in pazienti anziani. Per i linfomi non Hodgkin di tipo aggressivo, tra cui i più frequenti sono i linfomi diffusi a grandi cellule, la probabilità di guarigione da chemioterapia è attualmente del 45%. Per i pazienti che ricadono o che non ottengono una risposta completa post-induzione, la chemioterapia ad alte dosi, seguita da autotrapianto di cellule staminali, rappresenta l'approccio terapeutico convenzionale. La cura così strutturata può risultare eradicante anche nel paziente "molto anziano".
Un ulteriore contributo alle terapie contro linfomi e leucemie croniche viene da due nuovi farmaci intelligenti: l'Ibrutinib, e l'Idelalisib. Il primo dei due è una piccola molecola ad assunzione orale, risultato di recenti ricerche sui meccanismi molecolari, che sostengono la crescita neoplastica in patologie come la leucemia linfatica cronica, i linfomi non Hodgkin a basso grado e il linfoma mantellare. Il secondo è invece un inibitore molto specifico e selettivo di una proteina intracellulare (l'isoforma delta della fosfoinositide-3-chinasi), che trasmette ai linfociti B del sistema immunitario un segnale di attivazione proveniente dai recettori di membrana per l'antigene (denominati BCR). Gli studi che impiegano i due farmaci si sono dimostrati promettenti e consentiranno presto il loro utilizzo routinario nel settore delle malattie linfoproliferative.
Infine, nei casi più gravi di leucemia e di linfomi aggressivi, una risposta terapeutica viene dal trapianto di tipo aploidentico (di cellule staminali emopoietiche da un donatore familiare compatibile al 50%). Sinora nel trapianto da donatore familiare la scelta era ristretta al fratello o la sorella del paziente che mostravano compatibilità completa. Tuttavia, ricordando che tra fratelli, la possibilità a priori di essere compatibili al 100% è del 25%, la progressiva riduzione del tasso di natalità osservata negli ultimi decenni in Italia ha ridotto la probabilità di trovare un donatore nella famiglia del paziente. La possibilità di utilizzare genitori, figli o fratelli compatibili al 50% consente quindi di allargare moltissimo la platea dei possibili donatori per i pazienti affetti dalle forme gravi di tumori del sangue.
Redazione (31/10/2013)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
linfomi,
Hodgkin,
leucemia,
Ibrutinib,
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