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04/09/2008 17:43:01
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Cronistoria di un tumore in fase avanzato
http://www.nienteansia.it/news-utenti/viewart.php?idart=71&idpag=1&pag=1 Cronistoria di un tumore in fase avanzata (04.09.08) Circa quindici giorni fa mi recai nel Lazio per intervenire con le mie tecniche di neuro- programmazione digitale su un tumore al retto, emorragico, con semiocclusione intestinale ed inoperabile. Data l’età avanzata della paziente, era stato sconsigliato un trattamento chemioterapico. Non potevo garantire alcun successo, essenzialmente perché non utilizzavo simili metodiche da tempo. Tuttavia, successivamente al mio intervento, l’emorragia si arrestò per due giorni, ma poi riprese più forte che prima, tanto che il figlio della signora dovette accompagnarla all’ospedale. Stando alla sua ricostruzione, la signora fu trattata, a livello umano, in modo pessimo tanto da firmare e portarsela nuovamente a casa. Fortunatamente, grazie all’uso di antiemorragici il flusso di sangue si arrestò. Appena venni a conoscenza degli sviluppi del caso, il primo pensiero fu quello che le mie tecniche non funzionassero. Anzi, forse, apparivano peggiorative. In ogni modo decidemmo di fare un ulteriore tentativo, ma questa volta per telefono (dovevo dare istruzioni circa l’alleviamento del dolore addominale). Alle ore 14.00, ricevetti la chiamata, cioè nel momento della giornata ove il dolore si faceva più acuto. Dissi al figlio che ero pronto, ma doveva far sedere la mamma su un posto comodo. La signora si sedette sul letto con i piedi poggiati sul pavimento. Le chiesi, quindi, se ricordava qualche esperienza traumatica che poteva essere collegata alla patologia. Le venne in mente un ricordo doloroso. L’invitai ad allontanare l’immagine del ricordo sempre di più, fino a farlo diventare un puntino nello spazio e poi sostituire il vecchio ricordo con una rappresentazione piacevole del suo aspetto. Appena dopo scomparve il dolore, quindi la ringraziai, per la collaborazione, e la salutai. La mattina successiva il figlio mi fece sapere che il benessere era durato dieci minuti, ma il dolore si era intensificato più di prima. Pensai subito che ci fosse qualcosa che non andava, come se la paziente rispondesse ad effetto contrario. Tuttavia mi chiese cosa poteva fare quando sarebbe giunta l’ora in cui il dolore assumeva il picco massimo e se era il caso di far parlare lei nuovamente con me. Voi cosa avreste risposto? Una bella domanda, vero? Non mi persi d’animo e replicai: “Quando il dolore raggiunge l’acme, la devi far sedere sul letto nella stessa posizione di ieri". Se il dolore non scompare entro trenta secondi, devi farle ricordare il suono della mia voce mentre ero telefono. Se il dolore non dovesse fare la sua scomparsa, allora fammi chiamare. Erano passati poco più di cinque minuti dalle ore 14.00, ma non ricevetti alcuna chiamata, attesi ancora, ma niente. Passò qualche ora ma nulla. Cosa pensare: un altro fallimento o un piccolo miglioramento? Non avevo il coraggio di chiamare, temevo che le cose si fossero messe ancora male. Il giorno dopo mi arrivò la telefonata, avevo già preparato il discorso per scusarmi, ma con sorpresa il figlio mi comunicò che la cosa aveva funzionato, aveva fatto quanto da me consigliato e il dolore si era indebolito a tal punto da non arrecarle fastidio. Aveva inoltre provato a far sedere la mamma sul letto anche di sera, il dolore si era indebolito e poi si era addormentata. Chiesi se aveva capito il motivo per cui avevo consigliato di far sedere la mamma nella stessa posizione di quel giorno. Rispose di sì, cioè per associazione. Dissi che la sua interpretazione era giusta, ma aggiunsi che se avessi detto: “Cervello mettiti a lavorare!" Il cervello non avrebbe compreso, in quanto non comprende il linguaggio verbale, ma quello gestuale. Ulteriore aggiornamento Oggi 4 settembre, ore 15 e 12 minuti, ho ricevuto la telefonata del figlio della mia cara e affettuosa anziana paziente. Subito mi ha passato la madre, cioè la sofferente, perché accusava nuovamente dolori nella parte bassa dell’addome. Le ho spiegato che avevamo trattato l’esperienza dolorosa, quella che pensavamo collegata alla patologia, in modo poco professionale, cioè veloce e superficiale, quindi dovevamo correggerla nuovamente e con maggiore precisione. Pretendevo che la ricordasse al contrario, cioè dalla fine all’inizio. Ad esperimento eseguito, dolore crollato. Poi ho chiesto di immaginare lei stessa, in piedi mentre conversava con me a telefono e di allontanare l’immagine. Istantaneamente il dolore è scomparso del tutto. Non contento le ho chiesto di immaginarsi dall’alto e vedersi ancora a telefono conversare con me, quindi allontanare e rimpicciolire l’immagine gradualmente e con convinzione. Il dolore non si è fatto sentire, allora, l’ho invitata a sedersi sul letto e verificare se comparisse il malessere. Risultato negativo. Allora abbiamo atteso qualche minuto per ulteriore verifica, risultato nuovamente negativo. A quel punto mi son fatto passare il figlio invitandolo a telefonarmi nel caso fosse comparso il dolore, ma prima di chiudere la comunicazione ho chiesto di controllare lo stato di salute della mamma: la dolenza risultava ancora assente. Alle ore 15 e 50 ho chiamato il figlio perché avevo dimenticato di riferire qualcosa di importante, ma il cell. Era spento. Ora 16.10, mi chiama l’interessato comunicando che la metodica era riuscita e che la madre dormiva serenamente senza aver accusato alcun disturbo. Ha aggiunto inoltre che la terapia era stata veramente istantanea. Una frase che non sentivo più dai tempi in cui collaboravo con il dott. Stefano Limontini. Forse sono riuscito ad entrare nel sistema memoria, ma non bisogna farsi illusioni, improvvisamente la situazione potrebbe precipitare e pensare allora qualche antidolorifico. In certi casi, nemmeno la morfina riesce a lenire certe sofferenze. Occorrenza, quindi, essere preparati ad ogni evenienza. A proposito, che cosa avevo dimenticato di dire al figlio della sofferente? Avevo dimenticato di comunicare che stavo documentanto il caso di sua mamma in rete, ovviamente rispettando le leggi sulla privacy. Perché renderlo pubblico? Risposta: "Il documento potrebbe essere utile a qualcuno da qualche parte!". Elia Tropeano
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