Reni «riparati» dalle staminali adulte
Esperimento italiano sui topi: adesso si proverà sull’uomo. Usate cellule del midollo osseo
Dialisi addio se la causa è un’insufficienza renale acuta? Nei topi, per ora, l’esperimento ha avuto successo, usando cellule staminali mesenchimali prelevate dal midollo osseo. Lo studio italiano, condotto nei laboratori dell’Istituto «Mario Negri» di Bergamo, verrà pubblicato sul volume di luglio del Journal of American Society of Nephrology e aprirà un’importante prospettiva di cura per l’insufficienza renale acuta nell’uomo. Patologia per cui non esiste cura e le cui conseguenze possone essere nefaste: su 100 colpiti, la metà non sopravvive, 40 guariscono e 10 finiscono in dialisi e in lista per un trapianto. Se l’esperimento dovesse funzionare sull’uomo, che ha una «riserva» nel midollo osseo di cellule staminali mesenchimali, vi sarebbero guarigioni e nessun bisogno di dialisi né di trapianto (l’unica terapia al momento praticabile). E, in teoria, si potrebbe sperimentare la stessa tecnica proprio per arrivare a riparare reni in tilt senza dover cambiare organo. Per inciso, sono circa 9 mila i pazienti italiani in lista per un rene nuovo e 42 mila i dializzati. La tecnica adottata nei laboratori di Bergamo: le staminali mesenchimali, aspirate dall’osso e coltivate in vitro, sono state iniettate nel sangue vicino all’organo malato che le «attira».
Una volta in contatto con le cellule malate, hanno cominciato a trasformarsi in cellule renali nuove e sane terminando la loro attività «restauratrice» una volta che l’organo ha smesso di dare segni di sofferenza. Lo stesso dovrebbe accadere nell’uomo. Conferma Giuseppe Remuzzi, trapiantologo e primario nefrologo oltre che ricercatore del Mario Negri di Bergamo: «Lo studio è stato condotto da Marina Morigi e Barbara Imberbi. Hanno iniettato cellule staminali mesenchimali in animali in cui era stata provocata una forma di insufficienza renale acuta, caratterizzata da un esteso danno alle cellule dei tubuli, responsabili delle più importanti funzioni del rene». Quella che i medici definiscono insufficienza renale acuta è un’improvvisa e rapida perdita della funzione dei reni: la capacità di regolare la quantità di liquidi e sali dell’organismo e di svolgere il compito di depurare l’organismo dalle scorie. In questo caso, è necessario intervenire con la dialisi. Spesso la malattia è causata da gravi traumi, interventi chirurgici complessi, infezioni, uso di farmaci tossici per il rene. «Ancora oggi il 60% dei pazienti con insufficienza renale acuta muore - continua Remuzzi -. Dunque, accelerare il recupero dell’organo malato è molto importante. Non esistono però rimedi capaci di garantire una rapida guarigione ed è per questo che la probabilità di morire dei pazienti con insufficienza renale acuta non è cambiata negli ultimi 30 anni. Inoltre, si tratta di una malattia teoricamente irreversibile in quanto più il danno renale dura nel tempo tanto meno si può sperare in un recupero». Ora la speranza di una cura per questa malattia arriva dalle staminali mesenchimali, se nell’uomo verrà confermato quanto avvenuto nei topi. Un ultimo appunto: queste cellule si trovano nel midollo osseo di ogni individuo e nel sangue del cordone ombelicale. Sono «progenitrici» di osso, cartilagine e grasso. Ma anche «multipotenti», in grado cioè di differenziarsi, se serve, in cellule di muscoli, cuore, fegato, cellule nervose, reni. Infine, se trapiantate non causano rigetto anche se provenienti da un altro individuo.
Fonte: (21/06/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag:
ren ,
renale
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