Non si smette mai d’imparare… Già, ma come si fa? O meglio, cosa accade nel nostro cervello quando siamo impegnati ad apprendere e memorizzare un’informazione?
Un recente studio pubblicato su Nature Neuroscience fa il punto della situazione, dirigendo i riflettori su quello che viene definito “apprendimento spaziale”.
Stiamo parlando di quanto succede quando ad esempio dovete ricordarvi la posizione di un oggetto nello spazio.
Innanzitutto, dovete sapere che ognuno di noi ha una “mappa spaziale” che il cervello costruisce durante l’esplorazione di un luogo a noi ignoto. Questa mappa si forma grazie all’attivazione di neuroni localizzati nell’ippocampo, regione cerebrale deputata all’apprendimento e alla memoria appunto.
Gli elementi neuronali che entrano in gioco sono denominati “place cells“, parole che potremmo tradurre come “cellule dello spazio”: si tratta di neuroni in grado di gestire le informazioni che raccogliamo dall’esterno per creare una “mappa cognitiva” dell’ambiente che ci circonda.
Diversi studi svolti sull’ippocampo hanno rivelato fenomeni di plasticità sinaptica: certamente ricorderete dai post precedenti che questo fenomeno è intrinsecamente legato allo stabilirsi della memoria e, quindi, dell’apprendimento.
Nell’ippocampo poi, succedono cose ancora più intriganti: durante i momenti di riposo (ovvero tutti quei momenti in cui non si è impegnati nell’imparare qualcosa, come ad esempio durante il sonno) si attivano gli stessi neuroni che agiscono durante il momento di apprendimento. È quindi molto probabile che l’ippocampo svolga una funzione cruciale anche nelle fasi di consolidamento della memoria, forse inviando i dati raccolti alla neocorteccia perché vengano immagazzinati ed elaborati dagli strati “superiori” dell’encefalo.
E a livello cellulare cosa succede?
Una risposta certa ancora non esiste. Però, pare sicuro che siano coinvolti i recettori NMDAR. Queste molecole si trovano sulla membrana cellulare dei neuroni, e reagiscono alla presenza del neurotrasmettitore glutammato, scatenando tutta una cascata di risposte cellulari.
Infatti, la somministrazione di un farmaco che blocca l’azione di questi recettori interferisce con il meccanismo di consolidamento dell’informazione. In altre parole, ci si dimentica di quello che si ha appena imparato.
Dupret e colleghi hanno dimostrato tutte queste ipotesi con un unico, elegante esperimento in cui hanno valutato la capacità dei topi di localizzare un pezzo di formaggio nascosto di volta in volta in punti differenti di una grande griglia.
Tuttavia, sono molti i punti ancora oscuri di questa vicenda.
Ad esempio, che ruolo hanno nel dettaglio i recettori NMDAR? Un’ipotesi li vedrebbe come meccanismo per eliminare le “memorie obsolete”: il loro ruolo potrebbe essere quello di fare pulizia dei dati vecchi per lasciare il posto a nuove informazioni?
E come funziona esattamente il meccanismo di riattivazione “a riposo” dei neuroni, che dovrebbe essere alla base del consolidamento dell’informazione?
Attendiamo nuove ricerche per rispondere a questi interrogativi irrisolti….
Dopo una lunga assenza sono finalmente tornata!!!!! Spero che i miei nuovi post siano di vostro gradimento!