Viaggio con Venter alle origini della vita
Molti si chiederanno che fine abbia fatto Craig Venter, il biologo prodigio protagonista alcuni anni fa di un
Molti si chiederanno che fine abbia fatto Craig Venter, il biologo prodigio protagonista alcuni anni fa di una corsa sfrenata alla sequenziazione del genoma umano contro il governo americano. È in Polinesia, dove «per fortuna nessuno ha mai sentito parlare di genoma», impegnato in un’impresa scientifica ambiziosa come suo solito: la sequenziazione del genoma di Madre Natura. La vita sul nostro pianeta, spiega, è solo lo strato superficiale di un mondo per gran parte inesplorato. Le specie terrestri sono costituite perlopiù da batteri e altri microrganismi, che formano la base della catena alimentare e regolano i cicli del carbonio, dell’azoto e di tutti gli altri nutrienti dell’ecosistema. Sono la materia oscura dell’esistenza. E potrebbero rappresentare la chiave di volta per la creazione di nuova energia, per la progettazione di farmaci più efficaci, per la risoluzione del caos ecologico prodotto dalle attività umane. Non conosciamo le loro potenzialità, perché non ne conosciamo la natura. Venter vuole cambiare le cose. Così sta circumnavigando il globo a bordo del suo yacht, il Sorcerer II, in una spedizione sulla falsa riga di quelle del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo. Soprattutto di quella di Charles Darwin sul Bearle. Solo che invece di raccogliere campioni in bottiglie e cartucce di polvere da sparo, cattura il Dna su carta da filtro per farlo poi sequenziare e analizzare nella roccaforte di Rockville, Maryland. Spera di scoprire decine se non centinaia di milioni di nuovi geni, informazioni preziose per comprendere meglio la biodiversità. «Da questa ricerca riusciremo a estrapolare tutte le forme di vita», spiega. «Riempiremo le lacune lasciate da Darwin».
La sfida al governo federale
Nel 2002, Venter è stato destituito dalla carica di presidente della Celera Genomics, compagnia da lui stesso fondata quattro anni prima con l’intento di dimostrare che una tecnica da lui individuata avrebbe potuto determinare tratti e sequenza del Dna di una cellula umana molto più velocemente di quella utilizzata dal Progetto Genoma Umano finanziato dal Governo. Era già passato alla storia per aver decodificato con lo stesso metodo il genoma di un batterio, ma i più dubitavano che la procedura avrebbe funzionato altrettanto bene su qualcosa di così ampio e complesso come il patrimonio genetico dell’uomo. Lui però non si era dato per vinto, consigliando al governo di «lasciare il genoma umano a lui e dedicarsi piuttosto a quello del topo». Per quanto lo riguardava, avrebbe reso disponibili gratuitamente i risultati del suo studio. La Celera avrebbe tratto profitto dalla consultazione a pagamento di informazioni genomiche supplementari e dalla vendita dei sofisticati software bioinformatici necessari per interpretarle. Peccato che, stimolati dall’affronto, i ricercatori del Progetto Genoma Umano si dessero da fare per abbozzare una sequenziazione altrettanto rapidamente. A fine estate del 2000 la Celera, da regina delle startup biotech, era ormai condannata all’oblio. Con un investimento di 100 milioni di dollari ricavati dalle azioni della sua compagnia, Ventre decise di dare vita a un’organizzazione noprofit, la J. Craig Venter Science Foundation, che gli avrebbe consentito di dedicarsi alla scienza senza essere soggetto alle verifiche di panel di esperti o agli interessi aziendali. Nel 2002, la fondazione ha lanciato l’Institute for Biological Energy Alternatives di Rockville, Maryland.
Prima priorità: creare la vita, combinando sequenze di Dna artificiale in un genoma sintetico perfettamente funzionante da inserire in una cellula. Obiettivo finale sarebbe stato quello di dotare l’organismo così realizzato di geni atti a svolgere funzioni di specifica utilità per l’ambiente: succhiare anidride carbonica dall’atmosfera, per esempio, o produrre idrogeno per celle a combustibile. Lo scorso novembre, Venter ha annunciato che lui e il suo team, guidato dal Nobel Hamilton Smith, erano riusciti a creare una molecola di virus composta di 5386 coppie di basi di Dna in appena due settimane. All’inizio di quest’anno, eccolo ancora balzare agli onori della cronaca, con una dichiarazione forse meno sensazionale, ma senz’altro di maggiore sostanza. Applicando la sua tecnica di sequenziazione a un intero ecosistema invece che a un singolo organismo, ha condotto uno studio sulle varietà dei microbi nel mar dei Sargassi. Una zona nota per l’alta concentrazione di nutrienti, e che si pensava ospitasse pochissimi microrganismi. Invece Venter, in tutti i campioni prelevati, aveva riscontrato una quantità abbondante e varia di forme di vita: stando a una sua dichiarazione di marzo, almeno 1800 nuove specie ed oltre 1,2 milioni di geni, praticamente il doppio di quelli finora conosciuti. Un codice consultabile su GenBank, database ad accesso gratuito per i ricercatori di tutto il mondo. L’elenco comprendeva circa 800 nuovi geni coinvolti nel processo di conversione della luce solare in energia cellulare.
Dal Dna dell’uomo a quello del pianeta
Con l’occasione, Venter rivelò anche che il viaggio nei Sargassi era solo il progetto pilota di un’impresa ben più ambiziosa: il suo Sorcerer II era già alle Galapagos, impegnato in una spedizione biennale di circumnavigazione degli oceani mondiali. È convinto con la sua missione di aumentare – e di molto – il numero delle specie conosciute. I suoi metodi e il suo equipaggiamento sono ora molto più sofisticati, ma l’oggetto di studio è anche molto più misterioso. Secondo gli scienziati, le specie di microbi finora individuate rappresentano solo l’un per cento d quelle effettivamente presenti sulla Terra. Anche con l’ausilio di un microscopio, la loro forma elementare – perlopiù sferica o a bacchetta – ne rende difficile la descrizione e classificazione su base morfologica, utilizzata invece da Darwin con piante e animali. Oltretutto, molti microbi non si riproducono sessualmente, il che confonde la nozione di “specie”. Si tratta di un concetto assolutamente originale di biodiversità. I più pensano che gli insetti siano gli organismi più numerosi.
Ma i microbi sono molti di più. Eppure dei circa 1,7 milioni di specie animali e vegetali finora catalogate e descritte, solo 6mila sono composte da microrganismi. «È come se tutte le nostre competenze di biologia si basassero su una visita allo zoo», spiega Norman Pace, della University of Colorado di Boulder.
Negli ultimi 30 anni, Pace è stato il capofila di una generazione di microbiologi che usano le sequenze genetiche, invece della morfologia e del comportamento, per identificare e classificare le specie. Un approccio che non richiede colture, basta isolare la giusta porzione di Dna con le tecniche standard di biologia molecolare. Certi geni sono fondamentali per la vita, al punto da potersi ritrovare dovunque con sequenza più o meno immutata. Nel tempo, però, attraverso mutazioni spesso impercettibili, si verificano dei piccoli cambiamenti. Generalmente, una stretta analogia implica la parentela tra due specie; più le sequenze differiscono, meno stretta è la parentela. Combinando i vari confronti, è possibile formulare una filogenia della realtà microbica a noi nota. È un work in progress. Il primo albero genealogico di questo tipo, costruito nel 1987 da Carl Woese, della University of Illinois, comprendeva 12 comparti filogenetici. Ora ce ne sono circa 80. Un gene in particolare, il 16S rRna, è diventato la chiave dell’identificazione e classificazione dei microrganismi. Ogni specie, dai batteri all’uomo, ne contiene un solo tipo. Estraendo del Dna da campioni di acqua marina o di terreno e contando le diverse varietà di 16S in essi contenute, ci si può fare una vaga idea di quante diverse specie microbiche esistano. Confrontando le sequenze di Dna, si comprendono le relazioni tra loro. L’approccio di Venter è un altro. Si tratta di raccogliere tutto il Dna di tutti i microbi trovati per poi scomporlo in sezioni. Da lì si cerca di assemblare i vari pezzi in genomi completi. Gli algoritmi utilizzati sono gli stessi usati alla Celera, solo riveduti e corretti. Il target, però, è molto diverso dal patrimonio genetico umano: invece di un gigantesco mosaico, si ha di fronte una moltitudine di minuscoli puzzle, senza alcuna indicazione utile a stabilire l’appartenenza delle varie tessere.
Un mare di vita
I risultati dei Sargassi hanno spiazzato Venter. La popolazione microbica era così varia, che è stato difficilissimo per gli algoritmi ricomporre i frammenti. Alla fine solo i codici genetici di due organismi si sono rivelati rappresentati nella loro interezza. Oltretutto, due sezioni assemblate casualmente contenevano geni 16S rRna identici, ma il Dna intorno era diverso. Era la dimostrazione che l’approccio del 16S era come classificare i mammiferi confrontandone i nasi. D’altra parte, neanche il metodo di Venter sembrava in grado di mettere ordine in quel caos. C’erano un minimo di 1800 specie, ma avrebbero potuto essere anche decine di migliaia, a seconda della tecnica di calcolo usata. «Era come provare a sequenziare la foresta amazzonica. No c’è da sorprendersi», commenta Pace. A questo punto Venter avrebbe potuto cercare di rispondere alle critiche con uno studio più mirato, ma non era nella sua indole. Ha deciso di andare avanti, nella convinzione che «bisogna riuscire a scoprire cosa diamine vive sul nostro pianeta».
La maxispedizione del Sorcerer II è partita lo scorso agosto da Halifax, Nova Scotia. La località di partenza è stata scelta in parte perché nel 1873 lì era passato il Challenger e in parte perché Venter non aveva mai navigato così a nord. Da lì il team si è diretto al Gofo del Mine, poi alla Narragansett Bay e alla Chesapeake Bay, tagliando per la Florida nel Golfo del Messico, attraverso il canale di Panama in rotta verso le Galapagos. Ogni 400 chilometri l’equipaggio preleva campioni d’acqua, registra longitudine e latitudine, temperatura, salinità, pH, pressione, velocità del vento, altezza delle onde. L’acqua viene pompata in una botte di plastica e da lì filtrata in contenitori d’acciaio. Ci vogliono cinque ore, dalla preparazione alla pulizia finale; quando tutta l’acqua è passata, si rimuovono i filtri e le scatole vengono etichettate, congelate e periodicamente spedite a Rockville per le analisi.
I campioni più spettacolari sono stati raccolti nelle due settimane alle Galapagos, la cui varietà di specie già ebbe un ruolo importante nella formulazione della teoria darwiniana della selezione naturale. Venter sente molto l’eredità di Darwin. Al punto da organizzare con notevole anticipo la sua spedizione a Santa Cruz con la collaborazione dei ricercatori della Charles Darwin Research Station per essere sicuro di raccogliere campioni nei siti più significativi: ecosistemi inusuali, ognuno dei quali probabilmente contiene uno spettro unico di fauna microbica, con differenti metabolismi e differenti sequenze genetiche. Campioni sono stati ricavati anche dal terreno, dalle mangrovie, dai nidi di iguana, dai laghi interni, addirittura da una bocca solforosa del fondale. Un’impresa molto spesso avventurosa, a cui segue l’attento processo di estrazione dei ricercatori di Rockville. Le carte da filtro vengono tagliate a pezzettini e sottoposte a tamponi che aprono le pareti cellulari, facendone defluire il contenuto. Alle proteine così ricavate vengono applicati degli agenti chimici che isolano il Dna.
Gli ostacoli politici
Ovviamente la missione ha incontrato ostacoli di natura politica. La ricerca marina è regolata da una Convenzione Onu, che impone limiti ai ricercatori in trasferta in acque extraterritoriali. Limiti ancora maggiori tenendo presente che molti sono ancora convinti che "Darth Venter" abbia tentato di privatizzare il genoma umano. Per la natura degli studi condotti, la missione del Sorcerer II cade sotto la giurisdizione della Convenzione Onu sulla Biodiversità, che stabilisce direttive precise sulla “condivisione delle risorse”. Per intenderci, in cambio dell’accesso alle loro acque, i governi si aspettano qualcosa. Solo che se – come nel caso di Venter – si intende pubblicare tutto, non si hanno risorse da condividere. «Ironia della sorte», commenta lui, «trovo difficoltà perché voglio rendere i dati di pubblico dominio». La missione è stata peraltro presa di mira anche dagli attivisti. L’11 marzo, i gruppo canadese Action Group on Erosion, Technology, and Concentration ha messo in circolazione un comunicato dal significativo titolo “Fare Dio alle Galapagos”. «Craig Venter, il mogul della genomica che recentemente è riuscito a creare artificialmente da zero un organismo vivente in una manciata di giorni, ora è a caccia di affari negli ecosistemi marini custodi della biodiversità del pianeta», recitava l’opuscolo. Venter aveva sì promesso di non brevettare i microbi scoperti, ma lui o qualcun altro avrebbero potuto – a detta degli ambientalisti – manipolarli, e poi brevettare le forme di vita Ogm così ottenute. Con una pubblicità del genere, non sorprende che di lì a poco il ministero degli Esteri francesi abbia inviato a Venter un fax in cui lo informava che non era più autorizzato a condurre ricerche nella Polinesia francese. Il ministero capiva benissimo che lo scopo della spedizione era quello di raccogliere e studiare microrganismi che avrebbero potuto rivelarsi utili per l’industria e la salute dell’uomo, ma la Francia si sentiva in dovere di «tutelare il proprio patrimonio». Inconveniente presto risolto, grazie alle entrature di Venter, che ancora una volta è riuscito ad andare avanti col suo sogno.
Sulle orme – tecno - di Darwin e Cook
Con i suoi oltre 30 metri di lunghezza, il Sorcerer II è praticamente identico all’Endeavour di Cook, solo che quello era fatto prevalentemente di legno, mentre questo è tutto in vetro resina e fibra di carbonio. La sua forma aerodinamica è quella tipica di uno yacht da corsa, mentre l’Endeavour pareva una scatola squadrata. Cook navigava orientandosi con le stelle e misurando la profondità dei fondali con una corda disseminata di nodi. Venter dispone di sonar e dispositivi ultrasofisticati, comprese carte digitali con Gps. Dieci i membri dell’equipaggio, che sicuramente torneranno a casa sani e salvi, mentre dei 94 della ciurma di Cook 40 persero la vita in viaggio. Molte i punti oscuri di questa impresa: come si fa a dire dove finisce una specie e inizia l’altra? Che cosa si può definire specie? Che cosa se ne farà Venter di tutte le informazioni raccolte? A che domande vuole trovare risposta? Darwin è vissuto più di 200 anni fa, eppure la maggior parte di noi è più vicina al suo concetto di esistenza di quanto non lo sia alle idee di Venter e del suo team. In parte, certo, per l’oscurità della materia che stanno esplorando, ma in parte anche perché questo nuovo approccio alla biodiversità procede dal basso verso l’alto, combinando sequenze di Dna in geni, poi geni in specie e solo allora specie in ecosistemi compiuti e funzionali. Non c’è da stupirsi che il linguaggio usato per descriverlo sia ostico per chi di noi è abituato alle api e ai fiori, agli alberi e agli uccelli.
Verso la madre dei database genetici
Anche i più accaniti critici dovranno riconoscere l’impressionante mole di informazioni raccolte da Venter. Ma in che modo le informazioni si trasformano in conoscenza? In che modo i dati si organizzano in una struttura coerente, come quella della teoria darwiniana della selezione naturale? Alla fine della sua spedizione, è probabile che Ventre abbia “raccolto” 100 mila nuove specie e decine di milioni di nuovi geni. Ma possiede – lui o qualcun altro – i mezzi concettuali per infondere loro vera vita? «L’obiettivo», spiega lui, «è quello di ricomporre la madre di tutti i database genetici». Mettiamo che ci riesca. Ma sarà abbastanza? Nell’era in cui viviamo è sufficiente accumulare dati o c’è una domanda da soddisfare, una tesi da dimostrare? «Darwin non se ne è andato a passeggio per le Galapagos aspettando che gli venisse in mente la teoria dell’evoluzione», replica Venter. «Ha esplorato, osservato, raccolto. Solo al suo ritorno ha riesaminato i campioni, notato le differenze e formulato un contesto». D’altra parte né lui né nessun altro ancora ha idea di cosa fare dei milioni di sequenze genetiche accumulate dal Sorcerer II. «Non basterebbero tutti i biologi del mondo per mettere ordine, anche se si dedicassero a tempo pieno al problema per il resto delle loro vite». Eppure, già riuscire ad apprezzare la gamma reale della biodiversità terrestre è un passo importantissimo. Venter per spiegarlo fa riferimento all’astronomia. Galileo ha preso in mano un telescopio e dedotto la natura dell’universo dai movimenti delle stele e dei pianeti. Ma solo quando abbiamo compreso l’immensità del cosmo e l’abbiamo misurata a confronto con la velocità della luce, siamo riusciti a intuire le origini del cosmo. Con galassie di geni da confrontare, forse riusciremo anche a comprendere le origini della vita. «Darwin poteva vedere solo con gli occhi e guardate cos’è stato capace di fare«, continua. Il suo sogno è creare un Catalogo dei geni terrestri, completo di descrizione delle funzioni di ogni gene.
Per scoprire il ruolo di 100 mila geni, il trucco – spiega Venter – è trovare il modo di effettuare 100 mila esperimenti in contemporanea. Tutto ciò che serve – ma al momento non esiste – è un genoma sintetico, una sorta di template per tutte le stagioni a cui attaccare qualsiasi gene si voglia, per poi testare la combinazione risultante e vedere se svolge una funzione specifica e vitale, tipo metabolizzare gli zuccheri o trasportare energia. Con le nuove tecnologie robotiche, si potrebbero fare migliaia di prove in una volta sola. «È quella che io chiamo genomica combinatoria», aggiunge. «Una delle mie idee migliori, se funziona». Ovviamente, tutto dipende dalla sua capacità o meno di costruire un genoma sintetico funzionante. Tenuto conto che il più piccolo genoma conosciuto, quello del batterio Mycoplasma genitalium, è 100 volte quello del virus creato dal suo team, siamo ancora ben lungi dall’obiettivo, figuriamoci poi dal far funzionare il tutto in una cellula. Per il momento, Venter e colleghi stanno lavorando a un genoma di dimensioni intermedie, a metà tra un virus e un batterio. Se ce la fanno, sarà un prodotto di laboratorio senza precedenti. Si potrebbe definire un organismo vivente? «È solo un genoma», si schermisce lui. «Ma sì, può essere inserito in un contesto cellulare. Pubblicheremo tutto entro fine anno. Ne sentirete parlare un bel po’».
Fonte: (06/09/2004)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
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