A sessant’anni suonati, il professore mongolo era quasi riuscito a piazzare il colpaccio, alla faccia dei cinquecento giovani tornati dall’estero e rimasti a bocca asciutta grazie ad un fallimentare programma governativo di rientro dei cervelli.
Mentre i giovani continuavano ad incassare pareri negativi dal Consiglio Universitario Nazionale, Aldo Colleoni, console onorario della Mongolia, peraltro italianissimo, veniva chiamato dall’ università di Macerata a ricoprire un posto da professore ordinario per “chiara fama”.
Peccato che la “chiara fama” consistesse in una vantata posizione di professore all’università Zokhiomj di Ulaanbaatar (Mongolia). Peccato che, come hanno già appurato diverse inchieste giornalistiche, non solo il curriculum di Colleoni non giustifica la chiara fama, ma non esiste nessuna università Zokhiomj.
Non è un film di Totò, è la realtà tristissima della nostra accademia. Nell’ambiente dei giovani precari la storia era ormai una barzelletta amara, di quelle che dopo non sai se ridere o disperarti. Soprattutto per il fatto che il Consiglio Universitario Nazionale, così schizzinoso sulle candidature di tanti giovani, non ha battuto ciglio su quella dell’anziano aspirante professore.
Ora il ministro Mussi ha annullato per decreto la chiamata di Colleoni, ponendo fine (speriamo) alla ridicola vicenda.
Se fosse uomo di spirito, Mussi scriverebbe anche un lettera: “Amici Mongoli, lo so che avete fatto di tutto per rimandarci il nostro amato professore, ma per favore adesso riprendetevelo e mettetelo veramente a insegnare storia e geografia a Ulaanbaatar. Lo so che avete molti insegnati di valore, ma anche noi abbiamo tanti bravi giovani da sistemare. Al limite possiamo riprendercelo se promettete di assumerne un pò voi.”
Il professore mongolo non ce l’ha fatta per un pelo, ma quanti Colleoni sono invece riusciti a mettere radici nei nostri atenei?