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Nanoparticelle: l'anello mancante nella terapia genica tumorale

Nanoparticelle per chemioterapia


Introdurre acidi nucleici nelle cellule attraverso nanoparticelle

I ricercatori che si occupano di cancro, nonostante i numerosi ostacoli incontrati nel corso del tempo, hanno studiato la terapia genica come cura sperimentale da impiegare nella lotta alle patologie che portano al decesso del paziente. Un team di ricerca composto da scienziati europei, grazie allo sviluppo di una nanoparticella in grado di trasportare, in modo selettivo, i geni antitumorali alle cellule tumorali, è ora riuscito ad ottenere risultati potenzialmente molto positivi. I ricercatori, i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Cancer Research, sperano che gli esperimenti sugli esseri umani possano iniziare nel 2011.

Secondo i ricercatori, la mancanza di sicurezza della terapia, così come l'efficienza dei vettori di trasferimento genico di tipo sistemico, hanno influito negativamente sul potenziale della terapia genica nell'applicazione clinica. Nello studio precedente il team aveva scoperto che nei topi affetti da tumore è possibile procedere alla trasfezione delle cellule tumorali - ovvero il processo di introduzione di acidi nucleici nelle cellule per via non virale - mediante le nanoparticelle di dendrimeri di polipropienimine.

Tenendo in considerazione la necessità di aumentare il margine di sicurezza della terapia, i ricercatori hanno analizzato la stabilità colloidale delle nanoparticelle e l'esatta biodistribuzione del trasferimento genico nell'intero fisico del soggetto in vita.

"La terapia genica ha un enorme potenziale per quanto riguarda la creazione di cure antitumorali sicure ed efficaci, ma il trasferimento dei geni all'interno delle cellule cancerose costituisce una delle sfide più ardue che si pongono in questo ambito," ha spiegato il dottor Andreas Schatzlein dell'università di Londra, co-autore dello studio.
"Questa è la prima volta che viene dimostrato che le nanoparticelle sono in grado di bersagliare in modo tanto mirato le cellule tumorali. Si tratta di un passo avanti estremamente significativo."

Per questo studio, il team di ricerca ha utilizzato i dendrimeri di polipropienimine come vettori dei geni, osservando che questo specifico dendrimero forma un complesso stabile con il DNA che pare spezzarsi esclusivamente una volta all'interno delle cellule tumorali.

"La caratterizzazione biofisica che abbiamo effettuato dimostra che i dendrimeri, una volta legati al DNA, sono in grado di formare in modo spontaneo nella soluzione una formazione supramolecolare che presenta tutte le caratteristiche necessarie per la sua diffusione nei tumori sperimentali grazie all'effetto di aumentata permeabilità e ritenzione (enhanced permeabilità and retention effect - EPR)" hanno scritto gli autori.

Nonostante i test siano stati svolti esclusivamente sui topi, i ricercatori ritengono di poter avviare gli esperimenti sugli esseri umani entro i prossimi due anni. Questa tecnica potrebbe rivelarsi efficace per pazienti affetti da tumori non operabili proprio perché non altera le cellule sane.

Sotto la guida di Georges Vassaux dell'Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica (INSERM) in Francia, il team ha dimostrato che, una volta che i geni sono stati inglobati dalle nanoparticelle, le cellule vengono forzate a produrre proteine in grado di uccidere le cellule cancerose.

"Introdottosi nelle cellula, il gene inglobato nella particella riconosce l'ambiente cancerogeno e si attiva," ha affermato il dottor Schatzlein. "L'effetto danneggia esclusivamente le cellule tumorali, mentre i tessuti sani non vengono alterati."

Secondo quanto affermato dai ricercatori, le cellule producono il gene NIS (Na/I symporter) che è rilevabile con l'esame di diagnostica per immagini denominato "whole body scan". Mentre il gene trasfettato era espresso nelle cellulle cancerose, il suo livello non è stato giudicato rilevante all'interno delle cellule sane, aggiungono gli scienziati.

"Considerando che l'immagine diagnostica del gene NIS dell'espressione del transgene è stata recentemente convalidata negli esseri umani, i dati da noi raccolti evidenziano il potenziale di queste nanoparticelle per la nuova formulazione della terapia genica tumorale," sottolineano i ricercatori.

Hanno inoltre partecipato allo studio l'Instituto Aragonés de Ciencias de la Salud (Spagna), l'università di Bordeaux (Francia) e il London National Health Service Trust (Regno Unito).

Fonte: Cordis (13/10/2009)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag: nano, tumori
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