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La persona in Bioetica

La Persona in Bioetica

Gianfranco Vazzoler pediatra e componente della Consulta di bioetica di Pordenone nella sua relazione al convegno su 'Le sfide della neonatologia alla bioetica e alla società: le buone ragioni della Carta di Firenze' all''ospedale Meyer, ha detto:

I feti, i neonati fortemente prematuri, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente, cioè senza speranza, costituiscono esempi di non persone umane.

E' persona chi ha autocoscienza, senso morale e razionalità.
Alcuni neonati sono neurologicamente e fisicamente così compromessi da essere impossibilitati irreversibilmente ad acquisire il loro potenziale di conquista dei diritti. Non potranno mai diventare persone e quindi il loro migliore interesse non sta nel perseguire la vita.

Prima di commentare questa affermazione è opportuno cercare di spiegare, sinteticamente, cosa in bioetica si intende per PERSONA:

In bioetica vi sono 2 concezioni fondamentali della persona:

o La concezione empirico psicologica o posizione funzionalistico-attualistica.
o La concezione ontologica.

La concezione empirico-psicologica viene chiamata anche posizione funzionalistico-attualistica poiché attribuisce agli atti attraverso i quali si esprime la personalità umana, come la razionalità, l’autocoscienza, il provare piacere e dolore, la determinazione della persona umana.

La concezione ontologica fa discendere il valore della persona non dai suoi atti, o da alcune modalità psicologiche o empiriche, ma dalla struttura ontologica stessa dell’uomo. Quindi il valore della persona è contestuale al suo essere.

Il pensiero maggioritario, e anche il mio, nella definizione di persona è quello ONTOLOGICO, cioè la persona è tale in quanto è ontologicamente della stessa natura umana di tutti gli uomini, e non può essere una NON-PERSONA il prematuro grave o il grave handicappato o coloro che sono in stato vegetativo permanente per il fatto che queste persone non possono autodeterminarsi, non sono autocoscienti, razionali e dotati di senso morale o, addirittura, non possono provare piacere o non sentono il dolore!

Inoltre mi sembrano opportune e giuste le parole, commentando le esternazioni di Vazzoler, di Claudio Fabris, Presidente della SIN (Società Italiana di Neonatologia) e autore, con un gruppo di lavoro fatto ad hoc dal Consiglio Superiore di Sanità, delle “Raccomandazioni per le Cure Perinatali nelle Età Gestazionali Estremamente Basse”:

Il trattamento medico non può essere confinato in rigidi schematismi ma esige un’accurata ed individualizzata valutazione delle condizioni di ogni neonato cui sono assicurate le appropriate manovre rianimatorie al fine di evidenziare le capacità vitali, tali da far prevedere possibilità di sopravvivenza anche a seguito di assistenza intensiva”.
Qualora l’evoluzione clinica dimostrasse “l’inefficacia dell’intervento si dovrà evitare che le cure intensive si trasformino in accanimento terapeutico e  al neonato saranno offerte idratazione ed alimentazione compatibili con il suo quadro clinico e le altre cure compassionevoli, trattandolo sempre con atteggiamento di rispetto, amore, delicatezza”.
Dunque, “le cure date al neonato dovranno sempre rispettare la dignità della sua persona assicurando i più opportuni interventi a tutela del suo potenziale di sviluppo e della migliore qualità di vita possibile”.
Ai genitori infine vanno date “informazioni comprensibili su condizioni del neonato e sua aspettativa di vita, offrendo loro accoglienza, ascolto, comprensione e il massimo supporto sul piano psicologico”






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