La Rivoluzione Tecnologica Cubana
Il popolo di Siattle o Schiera mondiale No-Global recrimina alle multinazionali, che producono e vendono prodotti derivati da Organismi geneticamente modificati, lo sfruttamento del capitalismo selvaggio imposto, a discapito delle popolazioni più povere.
Possiamo dire che il dibattito in materia di biotecnologie oggi sia di buona qualità; c’è da dire che la divulgazione scientifica arriva solo dagli scienziati e le fandonie arrivano da tutta quella schiera degli oscurantisti che pur non sapendo e studiando parlano male della scienza e della tecnologia, non a caso oggi sentiamo parlare ancora di fragole con l’alisca e di ibridi tra maiali e uomini.
Tutte queste bugie non possono che alterare il colloquio che c’è tra scienza e cittadino, implicando anche il rapporto che c’è tra scienza e mercato. Non a caso oggi tutto ciò che è biologico è naturale, tutto ciò che è tipico è genuino e tutto ciò che geneticamente modificato fa male.
Su questo ultimo pensiero c’è da fare una riflessione approfondita.
Bisogna distinguere cosa è un prodotto naturale, biologico, tipico o locale e geneticamente modificato.
Il prodotto naturale possiamo dire che non esiste dal punto di vista di mercato poiché è qualcosa che ci dovrebbe regalare la natura, e la mano dell’uomo, tranne per la raccolta, non dovrebbe intervenire mai. Possiamo trarre qualche esempio: gli asparagi selvatici, la rucola selvatica, cioè prodotti che abbiamo soltanto raccolto e che sono cresciuti in posto non prestabilito e l’unico coltivatore è stato la natura. Il prodotto in questione possiamo dire sia naturale, ma possiamo dire sia salubre? Questo è da accertare poiché il posto dove è stato colto non deve essere contaminato da fumi o scarichi di industrie o altri stabilimenti che ne possano compromettere la salubrità.
Passiamo al prodotto biologico: innanzitutto non è un prodotto naturale sia per la motivazione che abbiamo dato precedentemente ma anche perché l’agricoltura biologica include tutt’ora tecniche che integrano la chimica, la fisica, la meccanica e la biotecnologia; possiamo fare degli esempi plausibili: in agricoltura biologica si utilizzano prodotti come il rame e il ferro che se non dati in maniera consigliata possono portare al cosiddetto fenomeno della “fitotossicità” cioè l’alterazione della fisiologia della pianta che soffre per l’eccesso del prodotto somministrato non più biodegradabile; a priori il biologico è quel campo dell’agricoltura che dovrebbe escludere qualsiasi tipo di prodotto chimico di sintesi; alle volte capita che molti prodotti ci vengono venduti come biologici e non lo sono, sol perché oggi l’agricoltore sa che il prodotto biologico va “di moda”e promettendo sicurezza c’è lo consegna così, il consumatore può solo avere la certezza dell’identità del prodotto sapendo leggere l’etichetta che vi è riportata.
Passiamo al prodotto locale o tipico: si tratta di prodotti cui la lavorazione e la distribuzione sono tipici di un luogo, per vari motivi che possono essere ambientali o culturali. Un classico esempio potrebbe essere il Parmigiano Raggiano, o il Grana Padano, per non parlare dei vini che hanno una loro tipicità in ogni località italiana. Non capisco il perché un prodotto locale viene qualificato naturale, forse perché il consumatore lo sente come “un amor di patria”ma non c’è ragione che sia naturale, al massimo possiamo dire sia salubre oppure biologico.
Arriviamo la prodotto biotecnologico, o meglio geneticamente modificato: tuttora non esiste nessuna pubblicazione scientifica trattante che gli OGM facciano male alla salute delle persone e dell’ambiente, la cosa che effettivamente posso dare per certa è che sono gli alimenti più controllati e di conseguenza sicuri e non mostri epici citati dagli “ambientalisti riformisti”.
Il lettore potrà chiedersi quale connessione ci sia tra questa trattazione introduttiva e il titolo sopra riportato.
Sin da quando si è istaurato un rapporto stretto tra governi e multinazionali la critica è divenuta sempre più aspra, poiché le invenzioni biotecnologiche sono divenute brevetti e non “pubbliche virtù”. Se studiassimo come è avvenuto e sviluppato l’avvento delle multinazionali del settore agroalimentare e farmaceutico ci accorgiamo di una cosa: il pubblico, cioè la ricerca di base pubblica non ha mai avuto abbastanza denaro per aggiudicarsi la possibilità o il gioco in causa dei brevetti, cosa che ha potuto un’azienda come la Monsanto già tanto ricca per aver prodotto e venduto farmaci per tanti anni.
E’ un discorso molto semplice se affrontato in questo modo e sarebbe stato altrettanto semplice per i governi finanziare debitamente la ricerca pubblica investendo a pari titolo con le multinazionali, competendo quindi con esse nel tentativo di aggiudicarsi la possibilità di fare ricerca.
Quando una multinazionale brevetta un prodotto, ha raggiunto una meta alquanto positiva per se stessa, e non solo in termini economici ma anche sociali e di progresso in generale poiché sappiamo che la maggior parte dei farmaci cui noi ci serviamo sono prodotti da case farmaceutiche private.
Riferendoci al mondo degli OGM possiamo fare degli esempi pratici: uno dei primi vegetali ad essere prodotti e brevettati è stato il mais Bt (Bacillus thuringensis), vegetale utilizzato per contrastare l’attacco di fitofagi (parassiti delle piante).
In danni economici che alcuni insetti possono arrecare al coltivatore divengono ingenti sicuramente se questi non vengono controllati. Le possibili misure di controllo possono essere di tipo chimico somministrando fitofarmaci, di tipo fisico raccogliendo direttamente il patogeno o di tipo biologico, somministrando nell’ambiente antagonisti naturali come insetti stessi parassiti dei parassiti (parassitoidi) oppure la lotta può divenire microbiologica somministrando batteri parassiti dei fitofagi.
Il Bacillus thuringensis ha una coppia di geni che codificano per una proteina tossica per gli insetti parassiti per le piante. Questi geni sono stati inseriti nelle piante e si sono ottenute con successo piante immuni all’attacco di parassiti.
Quando si costruì quest’invenzione biotecnologica chi poteva aggiudicarsi sia il possesso che l’utilizzo in termini economici avrebbe vinto la battaglia.
Le multinazionali hanno comprato i diritti brevettando il prodotto, hanno assunto ricercatori, tutelato in termini economici gli stessi (non in Italia), hanno comperato macchine per fare ricerca, in poche parole hanno investito divenendo istituti di ricerca e mercato delle invenzioni biotech.
I governi che analogamente dovevano investire per la ricerca pubblica cosa hanno fatto? La risposta è semplice: un bel niente! Anzi a posto di essere tutelata la ricerca pubblica è stata sempre ridimensionata con decreti e leggi insulse (classico esempio l’ultimo decreto Moratti e la legge n.40 sulla “Procreazione medicalmente assistita”) che non fanno altro che ritardare il lavoro della scienza e della ricerca scientifica, in più facendola perdere a livello di mercato.
Quando viene fatta una scoperta per conto di consorsi pubblici come Università ed ospedali, è patrimonio di tutti e le sue possibili applicazioni (nel caso ce ne siano) sono pienamente controllabili a livello legale e giuridico.
Al contrario di quanto accade per la multinazionale, poiché questa brevetta e quindi privatizza un prodotto, per venderlo al prezzo che essa vuole senza dare conto a nessuno in termini di applicazioni.
Quindi il modo giusto per competere con la multinazionale non è quello di scrivere sugli striscioni in rosso “no agli OGM”, “NO BIOTECH”, “BASTA CON IL CIBO DI FRANKESTEIN”, ma competere con essa a livello di mercato. Se un ricercatore promettente trova lavoro per un’azienda privata e la stessa investe un buon capitale per egli è naturale che il giovane ricercatore lavorerà per questa poiché dopo la laurea il più grande desiderio è crescere una famiglia, per questo servono i soldi!
Se per un ricercatore i governi non investono o persino non assicurano un posto fisso nella ricerca nessuno studente un domani vorrà fare il ricercatore per il pubblico, di conseguenza la multinazionale diverrà sempre più grande assicurandosi tutto ciò che la ricerca pubblica non può o non vuole fare.
Queste nozioni che ho descritto, nascono da una convinzione personale poiché ciò si può osservare oggi in termini pratici.
Il caso più lampante che posso citare è la “Rivoluzione tecnologica cubana”. Tempo fa ho avuto il modo di seguire un reportage pubblicato su numerose riviste e su internet, trattante dello sviluppo biotecnologico che sta avvenendo nell’isola di Cuba.
Questa nazione tempo fa ha deciso di investire buona parte dei suoi fondi statali per la ricerca scientifica e in particolare in campo biotecnologico. C’è da chiedersi: come mai un paese sull’orlo della povertà, con l’embargo e particolarmente schierato contro “la politica dei ricchi” si sia sviluppato in campo di biotecnologie?
La risposta è semplice: quando la Russia era paese in veste di Unione Sovietica ha venduto sull’orlo della povertà i protocolli di laboratorio e delle invenzioni biotecnologiche a Cuba, a basso prezzo e senza ripensamenti.
Gli Stati Uniti d’America, schierati contro, non avrebbero mai potuto comprare tali “Pseudobrevetti” da un paese rivale e politicamente schierato con una politica estremista come quella comunista, solo un paese comunista avrebbe potuto investire in tale acquisto.
Cuba comprò i protocolli e tutti i dati di laboratorio e da quel momento per questo paese è iniziata un’era molto proficua. Il governo ha messo a punto le tecnologie riportate su quei dati, costruendo laboratori che hanno fatto ricerca da pubblicare, dopo le pubblicazioni sono nate le varie collaborazioni con grandi centri, per citarne qualcuno il laboratorio di oncologia dell’università di Goteborg dove si è studiata la struttura cristallina dell’anticorpo di Topo 14F7, studio che ha apportato a molte innovazioni nella lotta contro il tumore al seno. Nei pressi di La Playa, nel ’86, è sorto un centro di ingegneria genetica dove si sviluppano nuovi farmaci e vaccini ingegnerizzando batteri e alimenti. Altri farmaci importanti sono le proteine utili nel sangue (anticorpi) manipolando il genoma del Tabacco, inoltre si stanno costruendo grandi centri sulla proteomica e sulla bioinformatica.
Con tutti questi progressi fatti sono sorte Università dove si stanno reclutando grandi scienziati che stanno facendo grandi progressi in campi come le Neuro – scienze, l’oncologia, la cardiologia, l’ematologia e tanti altri campi riguardanti la biologia e la medicina molecolare.
Possiamo quindi renderci conto di quanto sia importante investire nella ricerca scientifica e nella tecnologia poiché si migliora non solo a livello individuale ma ne beneficia un intero paese.
Grazie a questo Cuba diverrà un paese sempre più autonomo, indipendente ed economicamente competitivo. L’unico problema attuale, rimane l’embargo e l’impedimento che ha il paese nel comprare un prodotto o una macchina per un laboratorio dall’estero. Si è visto che non solo l’embargo rallenta tale cosa, ma anche il capitalismo selvaggio che si crea dalle multinazionali. Pur di non far comprare un prodotto, un’azienda privata lo compra e magari ad un prezzo molto più alto di quello che vale, facendo poi della ricerca competizione e capitalismo selvaggio.
Si spera che un domani tutti noi potremmo comprare un prodotto Made in Cuba, significherà che l’investire per la ricerca pubblica progredisce il mondo in tutti i suoi luoghi.
Bibliografia: - Gross Michael-"Biotecnologie, l'altra rivoluzione Cubana", in Darwin, N°3/settembre ottobre 2004,
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