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HIV richiama sempre ricerca genetica

Ricercatori dell'Università della California a San Francisco e dell'Università di Toronto hanno identificato un nuovo potenziale obiettivo molecolare per combattere l'infezione da HIV. Come riferiscono in un articolo pubblicato on line sulla rivista "PLoS Pathogens", l'infezione da HIV sarebbe in grado di riattivare i resti di antichi virus, i retrovirus endogeni umani o HERV, che sono divenuti parte del genoma di tutte le cellule umane. Secondo i ricercatori, questa scoperta potrebbe portare allo sviluppo di vaccini che abbiano come obiettivo gli HERV, uccidendo così indirettamente le cellule infettate dall'HIV.
"Un significativo limite di un vaccino che abbia come obiettivo l'HIV, è che di esso esistono moltissime varianti, e che è in continua mutazione. Se possiamo trovare un'altra via perché il sistema immunitario colpisca le cellule infettate dall'HIV, possiamo superare questo problema nella messa a punto di un vaccino. Gli HERV sono un buon obiettivo da sondare", osserva Keith E.
Garrison, uno degli autori della ricerca.

I ricercatori hanno in particolare osservato che quando i meccanismi biomolecolari di una cellula infettata da HIV vengono piegati al fine di riprodurre questo virus, smettono di avere una funzione di contenimento rispetto all'espressione del genoma "fossile" di queste antiche infezioni virali. E hanno anche potuto rilevare che i linfociti T che riconoscono gli HERV sono differenti da quelli che riconoscono l'HIV.

"Il sistema immunitario fatica a tenere sotto controllo l'HIV, e questo determina una progressione della malattia. Per contro, l'infezione da citomegalovirus (CMV) viene in genere controllata per tutta la durata della vita. Le cellule T specifiche contro Gli Herv hanno molto più in comune con le cellule T che uccidono il CMV di quanto che non con quelle che attaccano l'HIV. Questa è una scoperta incoraggiante che suggerisce che i linfociti T HERV-specifici potrebbero essere più efficaci dei linfociti T HIV-specifici nel controllare il virus", nota Brad Jones, un altro degli autori dello studio. (gg)




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