E’ etica la clonazione umana?
I fatti
1987 Il prof. Wilmut e colleghi riescono a clonare una pecora: Dolly
2001 Il prof. Antinori afferma che nel mondo ci sono 7 gravidanze con embrioni
umani clonati
2002 La Advanced Cell Technology riesce a ottenere un gruppo di cellule embrionali
umane clonate
2002 L'università di Edimburgo, ottiene il brevetto per l'isolamento e la modifica
di cellule staminali di mammifero.
2002 riuscito un trapianto d’organi ottenuto dalla clonazione di cellule staminali
di vitello
La tecnica
Per clonazione si intende il processo attraverso il quale è possibile
ottenere un clone, cioè un organismo identico nel suo corredo genico
all’organismo di partenza.
Questo processo avviene normalmente in tutti gli organismi unicellulari (microrganismi,
alghe). Spesso, però, si fa riferimento soprattutto alla tecnica eseguita su organismi
superiori, in particolare ai mammiferi, in quanto portante di una serie di problematiche.
Ci sono due modi per ottenere una clonazione, una è costituita dalla divisione
di cellule totipotenti come quelli embrionali (proprio come avviene per la formazione
di gemelli omozigoti), l'altra per sostituzione del nucleo di una cellula uovo
(con genoma aploide, che si dovrebbe ricombinare ed unire a quello proveniente
dallo spermatozoo) con un nucleo di una cellula adulta: sotto stimolazione questa
può incominciare a duplicarsi e sviluppandosi, dare luogo ad un organismo identico
a quello della cellula donatrice. E' da notare che in questo processo non si ha
una ricombinazione, tuttavia non si tiene conto della componente ambiente che
risulta essere molto importante sopratutto per le caratteristiche, la maggior
parte, che vengono prodotte dall'interazione di molti geni o fenomeni superiori
come la psicologia.
Il processo è ancora con un rendimento molto basso, circa il 2%, ma non
sembrano esserci particolari motivi per il quale la clonazione non
possa essere portato a rese molto maggiori e trasferite oltre che sui
mammiferi anche sull'uomo. Alcuni pensano che ciò possa essere la
definitiva risposta al problema dell'infertilità di entrambi i
componenti di una coppia, ma la clonazione umana con finalità
riproduttiva è vietata per legge negli Stati Uniti e in quelli
dell’Unione Europea ed è stata respinta da tutti gli organismi
internazionali Consiglio d’Europa, Parlamento Europeo, OMS, UNESCO).
La Advanced Cell Technology afferma che ha ottenuto un embrione (di poche cellule) umano clonato per scopi terapeutici.
La cosiddetta “clonazione” terapeutica è uno dei mezzi proposti per ottenere “cellule
staminali”, che si presume possano essere utilizzate nella terapia di malattie
degenerative. Di qui l’aggettivo “terapeutico”.
L’embrione unicellulare o zigote, derivante dalla “fusione” dei genomi (complesso
dei geni) della cellula uovo e dello spermatozoo, è definito totipotente perché
è in grado di sviluppare un intero organismo, cioè un individuo in toto della
specie codificata da quel genoma composito. Già al quinto giorno di sviluppo tuttavia,
quando l’embrione ha assunto la forma costituita da alcune decine di cellule (blastomeri)
detta di “blastocisti”, ha perduto questa proprietà. Le cellule della sua “massa
centrale” restano tuttavia multipotenti, in grado cioè di differenziarsi in più
e diversi tipi di cellule e tessuti, anche se incapaci di evolvere ciascuna in
un individuo completo, che è la peculiare caratteristica che si vorrebbe sfruttare
in terapia. Le cellule della “massa centrale” della blastocisti costituiscono
perciò un primo tipo di cellule staminali, definite “cellule staminali embrionali”
E' probabile che grazie a queste cellule un giorno saremo in grado di
avere organi biologici ottenuti proprio da noi, evitando così problemi
di rigetto ed eliminando il grosso problema delle donazioni di sangue o
d'organi.
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che
l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca
uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o
l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso
dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima
che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e
sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il
lavoro dello scienziato.
La percezione
Esiste ormai un ampio consenso anche nella comunità scientifica che l'opinione pubblica nei confronti di una nuova tecnologia costituisca uno dei fattori in grado di rallentarne o velocizzarne lo sviluppo e/o l'applicazione. In modo particolare questo avviene con un acceso dibattito per quello che concerne la biotecnologia. Infatti ancor prima che una qualunque scoperta scientifica venga utilizzata, applicata e sviluppata esiste già un forte pensiero pubblico che influenza il lavoro dello scienziato.
Infatti, secondo un recente sondaggio eseguito da un quotidiano la realtà della clonazione, annunciata dal mondo scientifico, spaventa oltre la metà delle persone. Su 100 intervistati, 55 hanno provato sgomento di fronte all’annuncio. Ma è importante osservare come si è comportata l’altra metà: 21 su cento hanno detto di avere fiducia nella scienza; 23,5 hanno invece ammesso di non essere stati colpiti particolarmente dall’annuncio. Si avvicina invece la percentuale di chi vorrebbe proibire assolutamente la clonazione di embrioni umani con quella di chi chiede una regolamentazione. Infine, una buona fascia di italiani, il 57,5 per cento, è piena di speranze per i risultati scientifici nell’ambito dei trapianti e auspica quindi che la ricerca vada avanti.
E’ da notare una dichiarazione agli inizi degli anni ’70 quando il sindaco Al Velucci di Cambridge, Massachusetts disse che se il MIT facesse batteri geneticamente modificati, "little green monsters would come out of the sewers" (piccoli mostri verdi uscirebbero dalle fogne). Batteri che ora fanno l'insulina ed altri prodotti farmaceutici, non piccoli mostri verdi. In realtà, la clonazione sarà probabilmente usata dalla gente non fertile, o da omosessuali che ora usano lo sperma, le uova, o gli embrioni donati. E’ sembra che la gente preferisca di gran lunga avere bambini con i “propri geni” piuttosto che avere geni altrui in famiglia, anche per la possibilità dell’introdurre geni portanti eventuali malattie (che non sono fenotipiche, perché portate su un gene recessivo).
La discussione principale contro la clonazione è che ruberebbe gli individui della loro unicità, un'unicità che qualcuno considera contro Dio o la Natura. Questa discussione è basata sul presupposto che siamo niente più che “i nostri geni". In realtà, siamo molto più dei nostri geni. La natura clona normalmente l’essere umano e anche frequentemente. Una su 67 nascite è gemellare. Si chieda al gemello se lui o lei si considera un individuo o una copia di qualcun'altro. I gemelli hanno lavori differenti, prendono malattie differenti, vivono esperienze diverse durate la vita con il matrimonio, l'alcool, le malattie mentali e l'omosessualità. Teologicamente, hanno anime differenti, come gli individui clonati. Anche se qualcuno clonasse 2.000 Napoleone, sarebbero tutti differenti, perché sarebbero cresciuti in famiglie diverse. I bambini clonati probabilmente sarebbero ancor più diversi dai loro genitori che non i gemelli, perché il bambino clonato sarebbe cresciuto in un periodo storico differente.
L’etica
E' importante ricordare che un comportamento bioeticamente corretto è
osservare i principi della sicurezza per gli operatori nel settore
biotecnologie, per la salute umana e ambientale, minimizzare i rischi e
prevederli quanto più possibile, ottenere conoscenze sempre perseguendo
obiettivi che sono la tutela della salute umana e la salvaguardia
dell'ambiente. In questo modo le biotecnologie vanno considerate come
utile metodo per produrre benessere e sono quindi eticamente corrette.
Il comitato nazionale per la Bioetica è comunque sempre attivo ad
esaminare casi e situazioni, a coinvolgere il mondo scientifico, i
legislatori ed il pubblico ad un tavolo di discussione che porti le sue
conclusioni e le sue forze in direzione della tutela della salute umana
e ambientale. Inoltre chiede alle comunità scientifiche ed ai
legislatori di essere quanto più conformi agli stessi principi, per una
normativa quanto più legittima per tutti, per uno sviluppo migliore di
tematiche di ricerca promettenti, per un controllo di tipo
istituzionale su progetti e laboratori, per una informazione
dettagliata e precisa senza effetti da cinema o scandalistici, e con
una forte intesa con le istituzioni per la formazione universitaria di
corsi specialistici per operatori ed esperti nel settore
biotecnologico.
La decisione dell'European Patent Office (EPO) di concedere
all'Università di Edimburgo, il brevetto che prevede l'isolamento e la
coltura di cellule staminali da embrioni e da tessuti adulti e la loro
modificazione genetica, ha riproposto la questione etica della
produzione e utilizzazione di embrioni a scopo sperimentale e della
brevettabilità della vita umana ai fini dello sfruttamento commerciale.
Essa ha destato vaste polemiche e serie preoccupazioni da parte dell'opinione pubblica e delle istituzioni italiane ed europee.
Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha già in precedenti occasioni
espresso le proprie riserve sulla brevettabilità degli esseri viventi e
sulla sperimentazione sull'embrione umano e la propria opposizione alla
clonazione umana in particolare (Rapporto sulla brevettabilità degli
organismi viventi del 19 novembre 1993, Identità e statuto
dell'embrione umano del 22 giugno 1996, La clonazione del 17 ottobre
1997).
L'orientamento espresso in tali documenti è coerente con quanto
previsto dalla normativa adottata in sede europea e internazionale,
alla cui stesura il CNB ha anche collaborato e precisamente:
1) la Convenzione per la protezione dei diritti dell'uomo e la
biomedicina del Consiglio d'Europa (firmata ad Oviedo il 4 aprile del
1997), che prevede all'art. 18 il divieto di costituire embrioni umani
ai fini di ricerca, e all' art. 21 l'interdizione di trarre profitto
dal corpo umano;
2) il Protocollo sulla Clonazione Umana - anch'esso del Consiglio
d'Europa- (firmato a Parigi il 12 gennaio 1998) recante interdizione
della clonazione degli esseri umani;
3) La Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani
(adottata dalla Conferenza generale dell'UNESCO l'11 novembre 1997) che
definisce il genoma umano, in senso simbolico, "patrimonio comune
dell'umanità" e che all'art.11 prevede che "la pratiche che sono
contrarie alla dignità umana, quali clonazione di esseri umani a fini
di riproduzione, non devono essere permesse".
La rettifica che l'Ufficio Brevetti Europeo ha emesso subito dopo
l'accaduto, al fine di precisare che l'oggetto del brevetto non include
la specie umana né pertanto la clonazione di embrioni umani, non ha
alcun valore giuridico in quanto non comporta alcuna modifica del testo
che invece parla esplicitamente, al paragrafo 0011 di "all animal
cells, especially of mammalian species, including human cells" (tutte
le cellule animali, specialmente di mammiferi, incluse le cellule
umane). Il brevetto resta quindi giuridicamente efficace nella sua
formulazione attuale, e nelle conseguenze pratiche che essa comporta,
anche se la decisione dell'EPO è suscettibile di complicate e lunghe
procedure di ricorso.
Questo episodio avviene in un contesto caratterizzato dall'allarmante
tendenza a ridurre l'intera vita biologica, compresa quella umana, a
mero oggetto di proprietà intellettuale brevettabile e a bene
commerciale, e dal rischio di un progressivo cedimento delle strutture
politiche e giuridiche, predisposte alla regolamentazione della
materia, alle pressioni esercitate dall'industria biotecnologica. In
antitesi a questa tendenza si deve sottolineare l'opposizione di
movimenti e associazioni ambientaliste e umanitarie, degli scienziati,
ma soprattutto, più semplicemente, della società civile, all'integrale
commercializzazione della vita biologica e in particolare del corpo
umano.
Ciò ha condotto recentemente al fallimento del vertice
dell'Organizzazione mondiale del commercio di Seattle e
successivamente, come applicazione degli orientamenti della Conferenza
di Rio de Janeiro del 1992, alla definizione di un primo Protocollo
internazionale sulla biosicurezza, adottato il 29 gennaio scorso a
Montreal. La vicenda di questi giorni potrebbe però generare, presso
l'opinione pubblica, un clima di diffusa diffidenza nei confronti delle
scienze biomediche, dalla quale possono originarsi indebiti ostacoli
alla libertà della scienza e in particolare alla ricerca nella
difficile lotta contro le malattie genetiche e le altre patologie che
affliggono la condizione umana. Proprio al fine di evitare
un'ingiustificata critica della scienza, è necessario che le sue
applicazioni ai fini industriali e commerciali vengano valutate in
ragione delle finalità perseguite e dei fondamentali valori umani
implicati.
Il CNB, nell'apprendere con soddisfazione la notizia che il governo
italiano intende presentare il proprio ricorso contro la concessione
del citato brevetto, auspica che le istituzioni e la politica assumano
il proprio ruolo di guida delle applicazioni delle moderne
biotecnologie. Ribadisce inoltre la propria opposizione alla
brevettabilità dell'essere umano.
La legge
A livello legislativo, il divieto di clonazione umana è generalmente
condiviso e previsto da Protocolli e Convenzioni internazionali.
All'interno dei singoli Paesi, tuttavia, tranne pochi casi, non
esistono, allo stato attuale, normative che sanciscano precise sanzioni
al divieto di clonazione.
In Italia è allo studio del Ministero della Sanità la definizione di
una disciplina legislativa del settore, anche sulla base del documento
del Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie. Il
Ministro della Sanità, nell'attesa della definizione della disciplina
legislativa, la cui assenza potrebbe comportare sperimentazioni ed
interventi senza alcuna garanzia di tutela della salute pubblica, ha
emanato una Ordinanza che prevede l'assoluto divieto di pratiche di
clonazione umana e animale. Il divieto non si applica alla sola
clonazione di animali transgenici utilizzati per medicinali innovativi
ottenuti con biotecnologie (previa notifica al Ministero della Sanità)
e alla salvaguardia delle specie animali in via di estinzione.
Il divieto di clonazione umana, infine, è previsto nel disegno di legge
sulla disciplina della procreazione medicalmente assistita attualmente
all'esame della Commissione Igiene e Sanità del Senato. Una ulteriore
questione è poi rappresentata dalla brevettabilità degli organismi
viventi attualmente regolamentata a livello europeo dalla direttiva
98/44/CE.
Il disegno di legge di recepimento di tale direttiva è attualmente in discussione alla commissione Industria del Senato.
Bibliografia:
- G. Bassetti, Clonazione umana, 2002
- F. Fontana, La comunicazione e l'informazione: tecnologie, metodologie, multimedialità, 2002, Roma
- Comitato Nazionale di Bioetica, Dichiarazione del Comitato Nazionale
per la Bioetica sulla possibilità di brevettare cellule di origine
embrionale umana, Febbraio 2002, Roma
- Dorothy C. Wertz, Cloning Humans: Is it Ethical?, 4 Giugno 2002, San Francisco
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