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Esperimenti sugli oli alimentari

Osservazione del comportamento dei Sali Biliari nella digestione dei grassi contenuti nell’olio alimentare.
Spagnulo S.*

* Divulgatore Scientifico ed esperto in biologia, incaricato del progetto SeT (Scienza e Tecnologia) del MIUR presso Istituto comprensivo 1 di Trepuzzi (Le).


Introduzione

La fisiologia della nutrizione è quella branca della biologia e della medicina che si occupa di studiare come funziona il nostro apparato digerente, a differenza dell’anatomia che tratta di identificare e caratterizzare le strutture dei differenti apparati.
La digestione e l’assorbimento delle sostanze d’importanza nutrizionale, sono i due processi che si succedono l’uno con l’altro; per digestione intendiamo la demolizione delle sostanze complesse, processo essenziale poiché grazie ad esso i vari principi nutritivi sono preparati per essere assorbiti.
Proteine, lipidi e carboidrati, non possono essere mai assorbiti come arrivano contenuti negli alimenti poiché si tratta di sostanze molto complesse impossibili da trasportare all’interno delle cellule. Per passare attraverso la membrana plasmatica e agire nelle varie funzioni biochimiche, le sostanze devono essere spezzettate e ridotte in piccole unità strutturali che solo allora possono essere assorbite e chimicamente processate.
Essenzialmente sono gli enzimi che catalizzano la scissione e la digestione delle sostanze complesse. Gli enzimi sono i cosiddetti catalizzatori chimici in ambiente biologico e il loro studio viene chiamato enzimologia, branca della biochimica.
Ogni enzima reagendo con il suo substrato va incontro alla formazione di uno stato di transizione che porta alla formazione dei prodotti finali con il rilascio e riciclo dell’enzima che può essere nuovamente riutilizzato. L’equazione generale che descrive il lavoro di un enzima è la seguente.

E + S = ES = E + P

La prima reazione che porta allo stato di transizione (ES) è generalmente reversibile, mentre la seconda che porta alla formazione del prodotto (P) ed al rilascio dell’enzima (E) è generalmente irreversibile.
I substrati con i quali lavorano gli enzimi sono ad esempio le sostanze che ingeriamo e che devono essere digerite cioè spezzettate. Per ogni specifico substrato esiste anche uno specifico enzima. Così si può dire che per l’amido agiscono particolari tipi di enzimi quali le amilasi, per i trigliceridi le lipasi linguali, per lo zucchero lattosio le lattasi e così via.

Digestione delle proteine
Le proteine sono sostanze che hanno tre funzioni nel nostro organismo e più precisamente nelle cellule (plastica, strutturale ed energetica); gli stessi enzimi menzionati prima sono proteine e in particolare sostanze proteiche di tipo globulare, da distinguere dalle proteine fibrose che non svolgono funzioni biochimiche ma solo strutturali per la cellula.
Possiamo ben capire che varie sostanze come quelle che interniamo con gli alimenti, possono fungere un domani da enzimi e svolgere attività biochimiche o agire a livello del DNA fungendo da fattori che permettono al materiale genetico di essere “ascoltato” grazie a vari processi come quello di trascrizione, quindi avere funzione plastica.
Quando le proteine giungono nella cavità orale con gli alimenti non subiscono in questa sede nessuna modificazione, difatti la prima digestione reale avviene nello stomaco, dove grazie alla secrezione di acido cloridrico, si crea un ambiente acido che permette l’attivazione di una sostanza che è il pepsinogeno, che convertito in pepsina (la sua forma attiva) riesce a scindere le proteine complesse in polipeptidi più corti. Successivamente questi arrivati nell’intestino sono attaccati da enzimi quali peptidasi che ancora spezzettano in pezzi più piccoli i peptici. Quando sono stati ridotti ad una grandezza tale da poter oltrepassare la membrana questi arrivano all’interno delle cellule e vengono diretti verso il fegato. Qui avverranno reazioni biochimiche che metabolizzeranno queste sostanze.

Digestione dei carboidrati
Gli zuccheri sono le sostanze da cui la cellula ricava energia subito senza immagazzinarla come succede ad esempio con i lipidi di riserva. Oltre alla funzione energetica, ne presentano anche una plastica in quanto gli acidi nucleici hanno nella loro struttura gli zuccheri come ribosio e desossiribosio, e altrettante funzioni come quella disintossicante, anticancerogena e antidepressiva. Si possono accumulare sottoforma di glicogeno che è un polimero analogo all’amido contenuto nelle cellule vegetali.
I carboidrati anche se svolgono importantissime funzioni non si presentano come nutrienti essenziali, al contrario di proteine e grassi.
Quando si introduce nel nostro organismo un alimento contenente carboidrati come cellulosa, polisaccaridi non assimilabili rimangono indigeriti però costituiscono la fibra, al contrario l’amido viene digerito in parte nella cavità orale grazie agli enzimi contenuti nella saliva. Questi scindono il polisaccaridi, zuccheri contenenti unità di zucchero maggiori di 10 unità, in disaccararidi, zuccheri formati da due unità di zucchero.
Giunti nello stomaco gli enzimi salivari vengono inattivati dal pH acido dello stomaco, che come già descritto prima è essenziale per la digestione delle proteine.
A livello intestinale avviene qualcosa di veramente interessante! Intervengono una serie di enzimi che permettono la ulteriore digestione di questi nutrienti: le amilasi pancreatiche provenienti dal pancreas scindono l’amido in maltosio, le maltasi intestinali spezzano il maltosio in due unità di glucosio, le saccarasi scindono il saccarosio in glucosio e fruttosio e le lattasi il lattosio in due unità di glucosio e galattosio. A questo punto i carboidrati possono essere assorbiti a livello sanguifero e cellulare.

Digestione dei lipidi
Arriviamo a trattare i nutrienti di nostro interesse poiché l’esperimento proposto cerca di approfondire il funzionamento della digestione di queste sostanze.
I lipidi si distinguono essenzialmente in due grandi classi: di riserva, e strutturali di membrana.
I primi sono rappresentati dai trigliceridi e dalle cere biologiche mentre i secondi sono tutti quelli facenti parte della membrana plasmatica insieme alle proteine.
I lipidi sono importantissimi poiché fungono da fonte di energia per il nostro organismo, sono essenziali, poiché come alcuni amminoacidi delle proteine non possono essere sintetizzati nelle nostre cellule.
Distinguiamo quattro grandi famiglie di lipidi: 1) Acidi grassi; 2) Steroidi; 3) Vitamine lipidiche; 4) Altri Terpeni.
A loro volta gli acidi grassi si diversificano in 4 gruppi di sostanze quali Eicosanoidi, Glicerolfosfolipidi, Trigliceridi e Sfingolipidi. I Glicerolfosfolipidi si suddividono in Plasmalogeni e Fosfatidati, questi a loro volta molto importanti poiché presenti a livello della membrana cellulare: Fasfatidiletanolammina, Fosfatidilserina, Fosfatidilcolina e altri.
I Trigliceridi sono sostanze presenti nella cellula e in particolare nel liquido cellulare e derivano dalla reazione del Glicerolo (propantriolo) con tre molecole di acidi carbossilici, ne fuoriesce il trigliceride con la produzione di tre molecole di acqua.
Gli sfingolipidi sono i cosiddetti ceramici: Sfingomiline, Cerabrosidi. Gangliositi e altri. Grassi molti importanti per il sistema nervoso di alcuni organismi.
Possiamo osservare che la classificazione degli acidi grassi sotto la tipologia sistematica risulta essere molto complessa, perciò viene attuato il sistema di nomenclatura di chimica organica.
Nomenclatura degli acidi grassi

Indicando un acido grasso, è necessario evidenziare principalmente tre elementi della molecola: a) il numero degli atomi di carbonio, b) la presenza di eventuali doppi legami, c) i particolari carboni interessati nell’insaturazione (presenza del doppio legame nella molecola).

a) LUNGHEZZA DELLA CATENA CARBONIOSA: è rappresentata dal numero dei carboni con o senza un carbonio davanti; un esempio viene dall’acido palmitico = 16 C.
b) PRESENZA DI DOPPI LEGAMI: si indica con un numero che ne precisa la quantità; prendendo in considerazione l’acido palmitico e l’acido oleico, il primo è 16 C: 0, mentre l’oleico è 18 C: 1.
c) POSIZIONE DEI DOPPI LEGAMI: può essere segnalata in vari modi. Nel caso più frequente in cui la numerazione della catena carboniosa parta dal gruppo carbossilico (-COOH) si usa il segno Δ con indice il numero che corrisponde al carbonio insaturo. Un esempio possiamo sempre farlo con l’acido oleico; 18 C: 1 Δ9 (in realtà il 9 dovrebbe essere posto nella parte superiore della lettera greca). La numerazione può iniziare anche dal gruppo metile (-CH3) in fondo alla catena e in tal caso si utilizza la lettera ω (omega) e da questo tipo di nomenclatura deriva il nome degli acidi grassi omega.

Si distinguono gli omega 9 che sono l’acido oleico e i derivati; omega 6 come linoleico e derivati; omega 3 come linolenico e derivati. Gli omega 3 sono i più antichi dal punto di vista filogenetico e si ritrovano nelle alghe e nei pesci che se ne nutrono. Gli omega 6 più recenti sono comparsi con le piante da semi come le fanerogame.










Qualità nutrizionale degli omega: Stato dell’arte.

Sulla rivista Nature Biotechnology del 3 agosto del 2003 è stato pubblicato una news riguardante “La prima insalata ricca di omega 3 e 6”. Modificando il patrimonio genetico della pianta con geni presi in prestito da due alghe a da un fungo. Così modificata dal gruppo coordinato da Baoxiu Qi, l’insalata riesce ad accumulare buone quantità di acidi grassi polinsaturi, noti per l’azione protettiva contro l’ipertensione, infiammazioni e malattie autoimmuni.
Composti di questo tipo sono la chiave per capire il cosiddetto paradosso esquimese , ossia il segreto di una popolazione che, come quella eschimese ha una dieta fra le più grasse del mondo ma pochissimi casi di malattie cardiovascolari.
A quanto pare gli omega 3 potrebbero avere effetti benefici contro il morobo di Alzheimer. Scienziati dell’università di Cardiff, il 12/04/2005, hanno annunciato o perlomeno ipotizzato che una dieta ricca di questi acidi grassi possa migliorare talmente tanto le funzioni cerebrali da costituire un rallentamento se nono una barriera contro le progressive degenerazioni del morbo.
A quanto pare però gli omega 3 non aiutano a prevenire i tumori. Il 3/01/2006 è stato pubblicato sulla rivista “Journal of American Medical Association” uno studio dove è riportato che gli omega 3 non sembrano influenzare il meccanismo di sviluppo tumorale comune ai tipi di tumore quali seno, colon retto, fegato, prostata e pelle.
Inoltre oggi grazie a tecnologia del DNA ricombinante si riescono a produrre carni ricche di omega 3.
Molti laboratori in tutto i mondo oggi studiano gli acidi grassi omega e molti risultati avvincenti dimostrano che una corretta, equilibrata alimentazione migliora il nostro benessere psicofisico e il nostro sistema immunitario. Una cultura alimentare di base idonea a questo scopo non può che migliorare la nostra qualità della vita.

Gli acidi grassi linoleico (omega 6) e linolenico (omega 3) sono definiti essenziali o comunemente chiamati AGE o EFA (Essential Fatty Acids) e svolgono delle importantissime funzioni:
- sono indispensabili per la struttura delle membrane biologiche, in quanto costituenti dei fosfolipidi;
- sono i precursori degli eicosanoidi quali mediatori chimici a livello cellulare;
- regolano i lipidi ematici, in particolare il colesterolo, svolgendo così un’azione preventiva nei confronti dell’aterosclerosi.


Il nostro esperimento
Lo scopo della nostra prova sperimentale è stato testare nei solventi organici la differente solubilità degli oli, in questo caso olio di oliva e olio di semi di girasole, e successivamente osservare la capacità dei Sali Biliari nel legarsi alle micelle di grasso che si vengono a formare.

1) In un baker da 100 ml sono stati inseriti 5 ml di olio con 5 ml di acqua distillata. Si viene a formare una emulsione poiché olio e acqua sono dei composti non solubili tra di loro.
2) Appena costituitasi l’emulsione, possiamo versare le pastigliette di acidi biliari e osservare già da questo momento l’aggregazione delle gocce lipidiche in acqua che vanno a legarsi alle pastigliette.
3) Come acido biliare abbiamo utilizzato acido ursodesossicolico, reperibile come farmaco in farmacia. Appena le gocce lipidiche si sono aggregate intorno agli acidi biliari, per provare la capacità degli stessi dovremmo scindere le gocce lipidiche in micelle, dovremmo quindi simulare l’azione delle lipasi pancreatiche e colipasi. Questa fase può essere praticata aggiungendo 5 ml di cloroformio che è un solvente organico.
4) Si trasferisce tutto in provetta tarata da 10 ml, e si porta a volume con acqua distillata. Si osserva in provetta quanto gli oli si sciolgono a contatto con il solvente organico e successivamente osservare quante pastigliette si legano alle micelle appena formatesi.


Risultati
Appena trasferita tutta la soluzione in provetta abbiamo osservato lo stato delle micelle e successivamente il comportamento dei Sali Biliari.
L’olio di oliva dimostra una maggiore solubilità in soluzione di acqua e cloroformio, e anche una più alta efficiente attrazione delle pastiglie di Sali Biliari che si distribuiscono più uniformemente sulla superficie delle micelle appena costituite. Anche agitando come uno sceker la provetta, i Sali dimostrano maggiore resistenza a contatto con le micelle di olio di oliva.



Prove di laboratorio e simulazione degli ambienti dove avviene la digestione.


1) Digestione delle proteine

Il fenomeno della digestione delle proteine come già detto avviene in primo luogo nello stomaco dove i grandi polipeptidi vengono ad essere spezzettati dalla pepsina. Quando immettiamo il cibo nel cavità orale iniziamo a masticare. A questo punto lo stomaco si prepara ad accettare il cibo masticato secernendo acido cloridrico concentrato. Insieme all’acido cloridrico viene secreto il pepsinogeno che a contatto con l’acido secreto diviene pepsina, una sostanza che ci permette di far avvenire una prima ed importante digestione delle proteine.

Con l’esperienza di laboratorio andiamo a determinare in provetta questo fenomeno e lo osserviamo.

- Si versano 10 ml di bevanda contenente pepsinogeno in un Baker da 50 ml.
- Si aggiungono 5 ml di una soluzione di acido cloridrico al 10% in acqua (attivazione di pepsina).
- Si aggiungono 3 ml di latte. Si attendono 5 minuti e si osserva la precipitazione delle proteine. In questo arco di tempo la pepsina sta tagliando e digerendo le proteine in modo non specifico ma casuale.
- Si effettua la filtrazione della soluzione e si colorano le proteine facendole reagire con reattivo di Nesler associato ad un pastiglia di sodio idrato.
- Si può effettuare la cromatografia dei differenti strati di colorazione.


2) Digestione dei disaccaridi.

- Si scioglie una pastiglia a base di lattasi nella stessa soluzione di acqua, e si porta la soluzione a 37° C ( si misura con termometro sperimentale).
- Si versano 5 ml di latte e si osserva la riduzione in piccole micelle del latte. Sta avvenendo una scissione del lattosio in glucosio e galattosio.


3) Digestione dei grassi.
- Il procedimento è lo stesso utilizzato per la prova sperimentale sopra riportata. Si può utilizzare per l’esperienza didattica olio di oliva, di pesce o di girasole. È interessante utilizzare tutti gli oli per osservarne la differenza.

Bibliografia
- D.U. SILVERTORN – Fisiologia – ed. Zanichelli.
- CAPPELLI, VANNUCCHI – Chimica degli alimenti – ed Zanichelli.



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