Embrioni terapeutici il collasso delle parole
La notizia: un tal dottor Miodrag Stojkovic, direttore di ricerche genetiche a Newcastle, ha ricevuto dalla competente autorità britannica il permesso di clonare embrioni umani "a scopo terapeutico". Che cosa ciò significhi, l'ha chiarito il professor Francesco D'Agostino, del Comitato nazionale di Bioetica: «Embrioni d'uomo vengono creati ad hoc, con la prospettiva di distruggerli in laboratorio sperando di trarre da essi indicazioni scientificamente utili».
Che dire? Se non sentiamo spontaneamente quel che c'è di stregonesco e mortuario in questo fatto, allora si deve temere che la vita umana non abbia difensori. Perché le difese legali, in teoria, ci sono: la Convenzione europea di Oviedo vieta appunto le pratiche che l'autorità inglese ha consentito ai suoi manipolatori genetici. Ma Londra, beninteso, non ha firmato la Convenzione, anzi il suo governo ha aperto una porta legale alla clonazione "terapeutica".
L'Onu, che doveva bandire tali esperimenti nel 2003, ha aggiornato il dibattito al 2005. Il momento è delicato: un diritto nuovo e nascente dell'embrione è già in via di erosione, per opera di potenti interessi. Il fatto è che le leggi diventano deboli come spettri, se latita nei cuori il rispetto per la vita umana anche iniziale. Se non nasce uno spontaneo orrore all'idea di creare embrioni allo scopo di eliminarli. Se le assicurazioni del dottor Stojkevic non ci appaiono d'istinto ipocrite: gli embrioni umani fatti nascere apposta "saranno distrutti prima che compiano il 14mo giorno di età, e comunque non potranno svilupparsi oltre un minuscolo agglomerato di cellule". Come se questo aggiustasse le orribili cose. Ma canta seducente la sirena delle parole magiche. La clonazione è "a scopo terapeutico". Come si precipitano a prometterci taluni genetisti, il sacrificio di qualche embrione umano appositamente creato consentirà di trovare cure per "Alzheimer, Parkinson, diabete". Magari fra vent'anni, si aggiunge sottovoce. Ma intanto, l'Inghilte rra si porta avanti in ricerche che possono portare miliardi di contratti e finanziamenti e profitti, e "l'Italia resta al palo". Insomma, c'è anche questo fra i nobili motivi: il business.
Ciò che ci si suggerisce, è di passare un po' sopra il rispetto per la vita umana. Di non essere troppo severi nel presidiare la sua dignità. In fondo, dice il dottor Stojkovic, si tratta di "poche cellule", un grumo sacrificabile, per la scienza e la salute, e per soldi.
Lo aveva previsto già nel 1932 Aldous Huxley. Nel suo romanzo Brave New World, dove immagina un mondo in cui la clonazione è pratica quotidiana, per fabbricare schiavi e parti di ricambio per trapianti. Egli fa dire ad uno dei suoi lugubri medici clonatori: "L'omicidio distrugge solo un individuo, e che cosa è mai dopotutto? Noi possiamo fabbricare un individuo nuovo, anzi tanti quanti ne vogliamo". La clonazione, rendendo riproducibili gli individui, li svaluta, come ogni merce fabbricata in serie: e l'omicidio comincia a diventare "accettabile". Un argine fondamentale a difesa della vita, scritto nelle leggi e nei cuori, comincia a sfaldarsi. A danno, alla fine, anche della nostra vita, della mia, della tua insostituibile, unica, irripetibile vita umana. È quella la china in cui stiamo scivolando?
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